Aggredito e rapinato "Da quando ho parlato ricevo sempre minacce Non dormo più la notte"

Gino Rossi è stato picchiato da chi gli stava svaligiando il camper "Ora sono diventato l’infame, siamo lasciati soli. Ma è guerra tra poveri".

Aggredito e rapinato  "Da quando ho parlato  ricevo sempre minacce  Non dormo più la notte"

Aggredito e rapinato "Da quando ho parlato ricevo sempre minacce Non dormo più la notte"

"Lungi da me giustificare, ma siamo tutti figli di questo mondo e se veniamo lasciati soli le conseguenze sono queste".

Gino Rossi ha 43 anni e dalle sue parole non sembrerebbe essere stato vittima, pochi giorni fa, di rapina e aggressione proprio nei pressi di piazzale Marconi. Il suo racconto è preciso: "Era il sabato in cui la Reggiana vinse il campionato. Tornavo da un battesimo nella mia città (Roma, ndr), ero stato via da venerdì sera e poco prima delle 23 ho parcheggiato in via Alai. A quel punto Chiara, la mia compagna, ha visto che nel nostro camper c’erano le luci accese e io subito le ho detto di chiamare la polizia. I nostri movimenti però hanno insospettito qualcuno e dal camper è scesa una ragazza emiliana che voleva scappare. Noi l’abbiamo trattenuta, ma è sceso anche un africano che mi ha spruzzato lo spray al peperoncino e mi ha colpito prima alla testa poi con vari calci nei reni". Non solo: "Gridavo aiuto, ma nessuno dalle case ha fatto nulla. Attorno c’era una quindicina di persone che vista la colluttazione hanno iniziato ad avvicinarsi: i carabinieri mi hanno detto che se non avessimo lasciato scappare la ragazza sarebbe potuta finire diversamente per noi".

Il camper era svuotato, distrutto: "Avendo più di un giorno hanno portato via tutto, perfino tende e materassi. Hanno rotto tutto quel che si poteva rompere e mangiato perfino i biscotti di mia figlia. La ragazza quando l’abbiamo fermata aveva in mano le mie pantofole". I postumi si trascinano ancora: "Io sto prendendo ancora analgesici, subito avevo mal di testa per un trauma cranico. Ma il vero problema è che devo ancora metabolizzare quello che è successo e non riesco a dormire".

Anche perché, dice Rossi, "ricevo costantemente minacce dopo che mi hanno visto parlare con le telecamere (il servizio di Rete4 è stato registrato nei giorni scorsi, ndr). Quando la troupe era appena andata via, mi hanno chiesto come andava e io gli ho detto che già dei ragazzi stavano fumando crack sotto il mio balcone. Mi hanno chiesto di fare un video e io l’ho fatto. Appena ho premuto ’Rec’ mi hanno gridato ’Stai facendo un video? Ti vengo a prendere’. Da allora sono marchiato come l’infamone del quartiere che rovina il loro giro serale di spaccio. Anche ieri mattina, proprio davanti ai carabinieri, un ragazzo italiano mi ha minacciato e adesso di notte si divertono a suonarmi il campanello in continuazione".

Rossi ha alle spalle una storia significativa: "Sono stato per anni funzionario di Medici senza frontiere. Per dire, quando è scoppiato il Covid ero in Kurdistan ad aprire ospedali. Sono venuto a Reggio perché qui mi era nata una figlia, in una relazione che poi non è andata bene. Non ne faccio una questione di pelle, il colore non c’entra. È un atto da condannare, ma il mio aggressore non lo denuncerò: alla guerra tra poveri non ci sto, se queste persone avessero una casa e un lavoro non commetterebbero questi reati. Le persone andrebbero aiutate, se tutti ti voltano le spalle cosa fai? Io per fortuna avevo dei risparmi e mi sono serviti come cuscinetto, ma chi non lo ha ci mette un attimo a trovarsi così". Piuttosto, ha altri con cui prendersela: "Noi cittadini non dovremmo essere lasciati soli, abbandonati dallo Stato e dalle istituzioni. Io mi sento così, avendo anche dovuto affrontare una separazione ci tengo a dire che mi sono sentito solo, non avevo nessuno con cui parlare, i servizi sociali a Reggio non hanno lavorato benissimo. E anche trovare casa è difficilissimo, c’è una carenza di immobili mostruosa e chiedono garanzie assurde che non bastano mai".

Tommaso Vezzani