MONICA ROSSI
Cronaca

"Al telefono mi disse: sono Salgado. So che mi cercate, cosa posso fare?"

Claudio Melioli, uno degli organizzatori della grande mostra al Binario 49 del fotografo scomparso ricorda la nascita dell’amicizia col maestro: "In eredità ci lascia gli occhi, il suo sguardo sul mondo".

Claudio Melioli, uno degli organizzatori della grande mostra al Binario 49 del fotografo scomparso ricorda la nascita dell’amicizia col maestro: "In eredità ci lascia gli occhi, il suo sguardo sul mondo".

Claudio Melioli, uno degli organizzatori della grande mostra al Binario 49 del fotografo scomparso ricorda la nascita dell’amicizia col maestro: "In eredità ci lascia gli occhi, il suo sguardo sul mondo".

"Sono Salgado, so che mi state cercando. Cosa posso fare per voi?". Il 9 febbraio 2019 , a Binario 49, si inaugurava "Africa" una grande mostra, inedita per l’Italia, di Sebastião Salgado, il fotografo brasiliano appena scomparso. Dopo un primo contatto con Claudio Melioli l’aveva regalata perché si era innamorato del progetto dell’Associazione Casa D’Altri e dei reggiani, Claudio Melioli, Alessandro Patroncini e Khadija Lamami, che avevano scommesso sull’apertura di un caffè letterario in via Turri, nel cuore del quartiere più multietnico e problematico della città. Raggiunto telefonicamente a Istanbul, Melioli tradisce ancora l’emozione di quei giorni.

Come si è riusciti a portare Salgado a Binario 49?

"Nel 2017 ho cominciato a cercarlo. Sono vissuto in Brasile per diversi anni, non avevo un contatto diretto, ma l’ho inviato ad un amico dell’amico".

Lo avevate cercato per il sogno impossibile di una mostra?

"Lo avevo cercato per chiedergli un sostegno o una collaborazione".

Poi arriva la telefonata che svolta la vita.

"A fine gennaio del 2018 un numero sconosciuto mi cercava. Era lui. Da lì è cominciato il progetto che ha portato alla mostra che lui ci ha regalato. Un’anteprima nazionale. Un regalo enorme".

Cosa disse nella telefonata?

"Che tutto il tempo che aveva doveva dedicarlo al progetto Amazônia, e che quindi non avrebbe avuto il tempo per dedicarsi al nostro progetto, ma che sicuramente almeno una mostra l’avremmo potuta fare assieme. Visto che era gennaio 2018, e Binario era ancora un cantiere (venne inaugurato a settembre), mi disse, rimaniamo in contatto e quando siete pronti per la mostra sentiamoci. Mi lasciò il suo telefono e la sua mail privata, e così abbiamo fatto".

Un regalo che avete scelto di condividere anche con un altro spazio della città.

"Abbiamo proposto una collaborazione con lo Spazio Gerra per gestire logisticamente la mostra che era per metà a Binario 49 e per l’altra a Spazio Gerra. Il nostro pensiero era di mettere in connessione due punti della città non lontani tra di loro, che spesso si percepiscono lontani".

Esperimento riuscito?

"Si era creato come un flusso di persone che percorrevano a piedi la città per raggiungere i due luoghi della mostra".

Salgado non riuscì a venire.

"Un infortunio lo fece desistere. Ci fece però un invito per andarlo a trovare a Parigi, ci fece vedere l’anteprima della mostra ’Amazzonia’. Un incontro che resterà scolpito nelle nostra vite".

Continuavate a sentirvi?

"Sono rimasto in contatto con lui e una decina di giorni prima che scoppiasse il Covid mi aveva offerto l’anteprima di una nuova mostra a Binario. Ma il Covid ha distrutto tutto".

Dopo 6 anni cosa è rimasto?

"É rimasto Binario 49 che è cresciuto moltissimo grazie alle iniezione di fiducia che lui ha dato a noi. Dopo la grande mostra abbiamo saputo cucire il quotidiano perché non si può vivere solo di grandi eventi. Resta la sensazione di aver fatto qualcosa di importante così come rimane il suo sguardo e il suo approccio al mondo. Ci sono rimasti dentro i suoi occhi e il suo sguardo e, con quegli occhi guardiamo quello che possiamo fare ogni giorno. La cosa bella e importante è che oggi Binario va avanti, con la collaborazione del Comune e anche perché molti ragazzi del quartiere ci danno una mano".

Monica Rossi