
Il gip archivia la querela sporta dall’ex sindaco del 2019. Tarquini: "Valuteremo provvedimenti". Il leader pentastellato pubblicò il post su Facebook. Altre 46 ’haters’ sono rinviati a giudizio.
Luigi di Maio non diffamò Andrea Carletti. Lo ha stabilito il gip del tribunale di Reggio, archiviando la querela sporta nel 2019 dall’ex sindaco di Bibbiano nei confronti dell’allora ministro ed esponente del Movimento 5 stelle. A confermarlo all’agenzia di stampa Dire è l’avvocato difensore di Di Maio, Daniela Petrone. Al centro del contenzioso un post scritto dal grillino quando Carletti e altri indagati furono raggiunti dalle misure cautelari nell’ambito dell’inchiesta ’Angeli e demoni’ sui presunti affidi illeciti di bambini in val d’Enza. Su Facebook Di Maio pubblicò l’immagine del sindaco con la fascia tricolore e la scritta: "Affari coi bimbi tolti ai genitori". Il giudice tuttavia "ha condiviso la nostra linea difensiva (e la richiesta dei pm, ndr) concludendo che il post non conteneva insulti, minacce né attribuzione di fatti falsi ed era espressione dell’attività parlamentare ed istituzionale dell’onorevole Di Maio, ravvisando un nesso funzionale tra le opinioni espresse e l’espletamento del proprio mandato", spiega Petrone. Diverso il caso per altre 46 persone che, nei commenti al post di di Maio, si erano scagliate contro Carletti (di recente uscito dal processo in seguito all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio). I 46 ’haters’ sono stati rinviati a giudizio dalla Procura reggiana, con udienza fissata il prossimo aprile.
"Al momento prendiamo atto e niente più. Ma nel pieno rispetto del provvedimento e del giudice che lo ha emesso, faremo ogni valutazione e vedremo il da farsi, se non altro in ragione della oggettiva carica diffamatoria delle affermazioni di Di Maio, su cui lo stesso gip non interviene, fermandosi alla ritenuta applicabilità dell’art. 68 della Costituzione" commenta Giovanni Tarquini, avvocato difensore di Carletti. "Certo – aggiunge il legale – non nascondo che pensare che un post condito di feroci aggressioni verbali, riferimenti e immagini personali, nonché avventate e ingiuste accuse su Facebook, possa considerarsi esercizio di funzioni politiche mi lascia molto perplesso. È evidentemente il prezzo della modernità e della dimensione comunicativa dei social, che ormai ha travolto tutto e tutti con effetti anche aberranti".