Avvocato negligente: deve restituire 120mila euro all’Inps

Reggio Emilia, il professionista impugnò con “vistose carenze” una sentenza che condannava l’Istituto a risarcire con 240mila euro quattro lavoratori

Avvocato condannato a risarcire l'Inps per "negligenza"

Avvocato condannato a risarcire l'Inps per "negligenza"

Reggio Emilia, 4 settembre 2023 – Dovrà versare all’Inps 120mila euro perché non è stato abbastanza bravo a fare il proprio lavoro. Anzi, è stato maldestro, negligente e carente. E’ quello che accade a un avvocato di Reggio, che è stato condannato dalla Corte dei conti per non aver difeso adeguatamente l'Istituto in una causa di lavoro.

E gli è andata pure bene, perché la somma di 120mila euro è il risultato di una riduzione decisa in Appello, rispetto alla cifra decisa invece dalla Corte regionale. Il danno subìto dall’Inps – per colpa dell’avvocato, sostiene la Corte dei Conti – è un esborso di 240mila euro che l’Istituto venne condannato dal giudice del lavoro a restituire sotto forma di somme indebitamente trattenute a quattro lavoratori, ex dipendenti del Miur.

L’avvocato reggiano in questione, 67 anni e in servizio all'ufficio legale dell'Inps, presentò ricorso in tribunale, ma il suo appello nel 2016 venne dichiarato inammissibile dalla Corte di appello di Bologna, per mancanza dei motivi di impugnazione. In appello, in sostanza, vennero riproposti gli stessi argomenti del primo grado e la sentenza divenne così definitiva.

Ma i vertici dell’Inps non l’hanno digerita e hanno segnalato il caso legale alla Procura contabile il caso ed è così scattato il giudizio davanti alla Corte dei conti, dove all'avvocato è stato contestato di aver provocato un danno erariale, precludendo, con il suo comportamento, la possibilità di ottenere un verosimile, sulla base di precedenti di giurisprudenza, annullamento della sentenza di primo grado e una nuova decisione a favore dell'Inps.

Secondo la Corte dei conti regionale il legale ha agito con la “massima negligenza e la più sfrontata superficialità”, consistente “nella svogliata predisposizione di un atto di appello contrassegnato da vistose carenze”. Una difesa, dunque, esercitata “maldestramente”. una “disinvolta negligenza” che ha provocato un danno all'amministrazione.

La Corte regionale lo condannò a un risarcimento di 170mila euro (a fronte dei 244mila contestati dalla Procura), ulteriormente ridotti a 119.652 nel secondo grado del giudizio contabile.