Bene l’IPad, ma non viviamo vite digitali

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Beatrice

Menozzi*

Difficile pensare, nella nostra società, di poter fare a meno della tecnologia, né sarebbe giusto, tantomeno a scuola. Per questo è davvero interessante la sperimentazione dell’Istituto Aldrovandi Rubbiani di Bologna che ha deciso di fornire agli studenti di alcune classi un Ipad per la didattica, eliminando i libri di testo. Per arginare il grave e crescente fenomeno della dispersione scolastica ogni strategia è legittima: se la tecnologia viene in aiuto, fornendo strumenti per favorire un percorso scolastico altrimenti destinato al fallimento, che dire? Viva l’Ipad! Non c’è dubbio che, anche dal punto di vista didattico, il computer sia una fonte di inesauribili risorse: è possibile accedere a video esplicativi, mappe concettuali e sintesi di ogni argomento disciplinare; tramite Classroom si caricano materiali, dispense e l’interazione con il docente viene garantita in tempo reale...Insomma: il sapere diventa accessibile a tutti ed è a portata di mano. Fino a qui tutto bene no? Eppure... Lo ammetto: forse sono una nostalgica, romanticamente legata ad un’epoca che sta tramontando, ma il mio plauso, come preside, nonché come persona, va ai libri, in particolare quelli di carta. I ragazzi oggi vivono per lo più realtà virtuali, relazioni virtuali e, pur ostentandolo sui social, hanno perso la consapevolezza del proprio corpo. Ecco, i libri di carta mi sembrano il corpo della cultura, dell’apprendimento, a scuola e fuori. Come l’interazione con i coetanei dovrebbe essere fisica, non mediata dalla tecnologia, così penso che anche l’apprendimento sia una sfida faticosa che vada giocata sul campo: in essa il libro di carta, ruvido e pesante, rappresenta con il suo corpo brutto ma vero qualcosa di affidabile, con cui è giusto misurarsi, qualcosa in cui credere ancora.

*dirigente Itg Secchi

e Ic Quattro Castella