Bibbiano inchiesta, no al patteggiamento. Per il giudice la pena era "esigua"

L’avvocato di Cinzia Magnarelli, assistente sociale indagata, aveva raggiunto un accordo con la pm. Per lei era stata decisa una reclusione di un anno e quattro mesi (pena sospesa) ma l’intesa è stata bocciata

L’assistente sociale Cinzia Magnarelli: la sua vicenda non si è ancora conclusa (Artioli)

L’assistente sociale Cinzia Magnarelli: la sua vicenda non si è ancora conclusa (Artioli)

Bibbiano (Reggio Emilia), 28 gennaio 2020 - Cinzia Magnarelli non esce, al momento, dall’inchiesta ‘Angeli e demoni’ sui presunti affidi illeciti di bambini. L’assistente sociale 33enne, indagata per le relazioni false che aveva stilato, "sotto pressione dei superiori" come da lei confessato, in modo tale da giustificare l’allontanamento dei bambini dalle loro famiglie, ieri si apprestava, prima e unica tra tutti gli indagati, a patteggiare la pena e a concludere la spinosa vicenda giudiziaria. Ma il giudice Andrea Rat non ha accettato l’accordo raggiunto da lei, rappresentata dall’avvocato Alessandro Conti, e dal pm titolare dell’inchiesta Valentina Salvi: un anno e quattro mesi di reclusione, pena sospesa, per i reati di falso ideologico e frode processuale per sette episodi (le altre ipotesi di tentata estorsione e violenza privata erano già state eliminate dal giudice Luca Ramponi per mancanza di gravi indizi), per i quali rischia da uno a sei anni.

Il giudice ha ritenuto la pena "non congrua né adeguata" ma "esigua". Perché? Il giudice Rat si sofferma sull'episodio «ritenuto più grave in astratto», contestato in concorso con l’ex responsabile dei servizi sociali Val d’Enza Federica Anghinolfi: aver bocciato la capacità genitoriale di una coppia perché non ammetteva gli abusi sessuali su una figlia, addebitata anche a un problema culturale perché stranieri. Su quest’accusa "l’indagata - scrive il giudice - ha attestato una pluralità di circostanze false nella sua relazione del 27 giugno 2016". E parla di "danno di assoluta gravità, capace di mettere in pericolo le decisioni dell’autorità giudiziaria, chiamata a pronunciarsi sull’affidamento dei minori, e di ledere i vincoli familiari".

L’avvocato Conti aveva rimarcato alcune circostanze: Magnarelli "è incensurata, si è pentita e ha collaborato con gli inquirenti". Ma anche e soprattutto il fatto che lei "fosse stata sottoposta a una formazione mirata sui minori e operasse in un ambito lavorativo già preformato su determinate regole": per dirla in breve, un sistema in cui lei avrebbe subito pressioni dai superiori. Ma secondo Rat non basta: "L’intensità del dolo non può ritenersi assestata sui livelli minimi per il solo fatto che lei fosse in qualche modo soggetta a sudditanza verso Anghinolfi, nemmeno ritenendo che ci fosse un effettivo condizionamento psicologico".

Neppure gli aumenti di pena previsti nell’accordo tra le parti sono stati ritenuti adeguati, considerando la continuazione tra i diversi episodi contestati: Magnarelli "anche in concorso con i coimputati ha posto in essere una pluralità di falsità ideologiche in atti pubblici, a cui si aggiungono le frodi processuali, tutte percorse - rimarca il giudice - da un gravissimo disegno criminoso". Un ‘piano’ "strumentale a perseguire obiettivi ideologici non imparziali, capaci di indirizzare, anche attraverso la possibile induzione in errore dei consulenti tecnici d’ufficio, le scelte dell’autorità giudiziaria, e ciascuno connotato - prosegue Rat - da un disvalore assolutamente significativo".

A fronte della bocciatura del giudice, Conti intende ora provare a rimodulare la proposta di pena, che una volta trovato l’accordo con il pm dovrà essere di nuovo ripresentata al giudice per mandare in porto il patteggiamento, altrimenti si aprirà la strada del processo.