ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Botte in carcere: si va in Appello. Ricorso di pm, parte civile e difese

Sarà celebrato un processo in Appello sul caso di presunta tortura da parte di agenti della polizia penitenziaria su un 44enne tunisino

Luca Sebastiani, legale del detenuto

Luca Sebastiani, legale del detenuto

Sarà celebrato un processo in Appello sul caso di presunta tortura da parte di agenti della polizia penitenziaria su un 44enne tunisino, in passato detenuto nel carcere di Reggio. La sentenza di primo grado (17 febbraio), è al centro di opposte impugnazioni: sia da parte della Procura e dell’avvocato Luca Sebastiani, che tutela il 44enne costituito parte civile, sia dalle difese. Il pm Maria Rita Pantani aveva formulato per i dieci poliziotti imputati le accuse a vario titolo di tortura aggravata, lesioni e falso nelle relazioni stese sull’episodio, datato 3 aprile 2023. Nel processo con rito abbreviato, il pm Pantani aveva chiesto condanne sino a 5 anni e 8 mesi. Il giudice Guareschi aveva riqualificato l’accusa di tortura aggravata in abuso di autorità contro detenuti in concorso; inoltre aveva riformulato le lesioni in percosse. Poi aveva emesso le condanne: Si andava da 2 anni per un viceispettore, 1 anno a tre agenti per abuso di autorità e percosse; sempre per queste due accuse, a un poliziotto 6 mesi e 20 giorni, ad altri tre agenti 4 mesi. Un anno, per il solo falso, ad altri due imputati.

Sul falso, nessuno dei tre agenti a cui veniva contestato ha impugnato il verdetto: quindi sul punto le sentenze sono definitive. Mentre sono stati depositati i ricorsi contro l’abuso di autorità. Gli accertamenti si erano basati sulle telecamere interne. Secondo la ricostruzione investigativa, il detenuto uscì dalla stanza della direttrice del carcere dopo averla insultata per essere stato sanzionato per violazioni del regolamento. Fu incappucciato con una federa al collo e colpito con pugni mentre veniva spinto verso il reparto di isolamento. Quindi denudato e condotto nella cella; qui, non più col volto coperto, preso a calci e pugni e lasciato nudo dalla cintola in giù.

Le altre quattro parti civili, ovvero il Garante nazionale e quello regionale dei detenuti, le associazioni Antigone e Yairaiha, hanno deciso di depositare memorie in vista dell’Appello. "La sentenza di Reggio ha dato per scontato che si trattasse di una perquisizione andata oltre. Ma non è così - dichiara Michele Passione, avvocato del Garante nazionale dei detenuti -. Basta vedere le immagini e confrontarsi col compendio processuale per verificare che si è trattato di una condotta del tutto extra ordinem, mai comandata e mai eseguibile nei termini in cui è stata fatta. Dunque un pretesto: a prescindere che sia stata o meno una spedizione punitiva, non è accettabile che queste condotte siano state derubricate in abuso d’autorità. Siamo sicuri che la Corte d’Appello di Bologna darà ai fatti la giusta qualificazione giuridica".

al.cod.