Camisasca festeggia i 10 anni da vescovo

Messa solenne in duomo. "Gli anni a Reggio sono stati bellissimi e faticosi". E poi riflette sul tramonto della vita pubblica della Chiesa

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Dieci anni da vescovo. I due lustri di Massimo Camisasca passati a guidare la diocesi di Reggio e Guastalla, mercoledì sono stati ricordati e celebrati in una solenne messa nella Cattedrale. Da pochi mesi in pensione, tornato sul suo lago di Como che aveva lasciato da ragazzo per una vita dedicata alla Chiesa romana, Camisasca è sbarcato a Reggio dopo qualche mese d’assenza e ha incontrato alcuni suoi amici reggiani.

Ovviamente ad accogliere c’era il suo successore, monsignor Giacomo Morandi, che con un ’Bentornato’ ha avviato il suo discorso. Morandi ha espresso riconoscenza e amicizia verso Camisasca e ha domandato, nella preghiera, che il Signore custodisca il vescovo Massimo in salute e sapienza, con una citazione di sant’Ambrogio per formulare, nell’anniversario, gli auguri "di cuore e con affetto". L’animazione liturgica è stata poi curata dalla Cappella Musicale della Cattedrale.

Camisasca non ha mai smesso di pensare, in questi mesi, alla piccola città emiliana dove lui, dopo anni passati a Roma, era capitato. Un rapporto non sempre facile quello di Camisasca con Reggio, poco abituata a un carattere ’meneghino’ e decisionista come quello dell’ex vescovo, sempre pronto a partecipare al dibattito pubblico della città. Ma proprio questa franchezza l’ha portato ad allacciare rapporti, creare amicizie, affezionarsi ai luoghi e alle persone di Reggio. "Reggio è sempre nel mio cuore", ha infatti esordito Camisasca nel suo discorso. E ha ricordato come nell’adorazione eucaristica serale egli preghi quotidianamente per la nostra diocesi. Nell’omelia il vescovo emerito ha rinnovato il ringraziamento a Dio per averlo voluto aggregare ai successori degli apostoli; un avvenimento che monsignor Camisasca ha cercato di vivere lungo gli ultimi dieci anni "bellissimi e faticosi" come risposta alla domanda di Cristo: "Mi ami tu?", tutto per servire la fede del popolo di Dio e permettere l’incontro con Gesù a coloro che non lo conoscono o hanno smesso di ascoltarlo. Innumerevoli volti – ha detto ancora - hanno costituito la trama delle sue giornate. Non è mancato un ricordo per Benedetto XVI che lo ha chiamato all’episcopato, per il compianto cardinale Caffarra che lo ha consacrato e per Papa Francesco che ha accompagnato tutto il periodo reggiano. Entrando poi nel cuore della liturgia, Camisasca ha invitato a guardare a Maria Immacolata come un punto di luce e di gioia. "Nel cambiamento d’epoca in cui ci troviamo – ha aggiunto – dobbiamo riconoscere con umiltà e serenità che la forma pubblica di vita della Chiesa si va corrodendo". Davanti al tramonto della cristianità, Camisasca sostiene che la Chiesa abbia bisogno di essenzialità e di pazienza, che non è una virtù passiva: significa collaborare con Dio sapendo che, come nella sua promessa ad Abramo, "Egli ci indicherà la terra dove andare, ma cogliendo al tempo stesso le luci che provengono dalla santità diffusa, dalle comunità cristiane che resistono, dal kèrigma che incontra la cultura. La nuova forma storica di presenza della Chiesa, ancora ignota, sarà in ogni caso quella che costruiremo con Dio".