Reggio Emilia, la leggenda della ‘capra delle Fate’ che non si arrende ai lupi

Da sette anni riesca sfuggire ai predatori ed è diventata una mascotte in montagna

Una foto scattata lo scorso inverno alla capra

Una foto scattata lo scorso inverno alla capra

Ventasso, 8 settembre 2018 - E' il mistero della ‘capra delle Fate’, dal nome della località vicina alla quale da diversi anni vive in solitudine a oltre 1200 metri di quota del monte Ventasso, versante orientale fortemente scosceso, sfidando la tormenta dell’inverno, ma soprattutto i lupi.

È una lotta di sopravvivenza quella della capra selvaggia che da 6-7 anni, ormai ‘riconosciuta’ anche da alcuni cacciatori della zona, che si è creata il suo habitat ideale e sicuro in un luogo roccioso, esposto al flagello della tormenta, però al riparo dagli assalti del lupo.

La storia della capra selvaggia, fotografata da Busana con teleobiettivo dal professor Antonio Rizzo, studioso e amante della natura, ha diverse versioni. C’è chi sostiene che un noto cacciatore reggiano, con casa di vacanze a Nismozza, abbia liberato alcune capre alle pendici del Ventasso per un possibile incrocio con i mufloni, mai avvenuto.

Altri dicono che 4 o 5 capre, sfuggite al controllo di un allevatore della zona, si siano spostate sul Ventasso dove solo una è sopravvissuta. Una capra intelligente di montagna che richiama alla memoria la capra di ‘Casa d’Altri’ di Ezio Comparoni, alias Silvio D’Arzo, che trae origine dai racconti della madre vissuta a Cerreto Alpi.

E’ risaputo che le capre, per loro natura, amano pascolare nei dirupi dove nessun altro animale domestico riesce ad arrivare. Infatti c’è chi racconta che in passato ci fossero varie greggi di capre che pascolavano nelle zone impervie dell’Appennino, mentre i pascoli più accessibili erano riservati alle pecore o alle mucche.

La ‘capra delle Fate’ non poteva scegliere posto migliore per la propria difesa, un luogo irraggiungibile dal lupo predatore che, appostato, può solo contare in un ‘salto’ falso della capra che in tutti questi anni non c’è stato. La capra inselvatichita, come appare dalle immagini colte in diversi momenti e stagioni dall’obiettivo del professor Rizzo, si muove agevolmente tra rocce e anfratti dove sicuramente, oltre a proteggersi dall’assalto dei lupi, trova anche riparo dalle intemperie e dalla neve durante la lunga stagione invernale con un abbondante manto di lana.

Certamente troverà erba per mangiare e acqua per bere durante il periodo estivo. La capra selvaggia sta diventando una piccola leggenda: chi conosce la rupe, non può non fermarsi sulla statale 63 per osservare quella macchiolina bianca che si muove tra le rocce.