Caso affidi, il dolore di un nonno "Non vedo il mio nipotino da 18 mesi"

Processo ’Angeli e Demoni’, la lettera dell’anziano ai servizi sociali: "Gli avete tolto la fanciullezza e la gioia"

Caso affidi, il dolore di un nonno  "Non vedo il mio nipotino da 18 mesi"

Caso affidi, il dolore di un nonno "Non vedo il mio nipotino da 18 mesi"

di Alessandra Codeluppi

"Al mio nipotino avete tolto la fanciullezza, la gioia di stare con la propria mamma e i suoi fratelli che lo cercano sempre". A prendere carta e penna, scrivendo a mano come si faceva una volta, fu un nonno, straziato dal non poter vedere più il bambino. All’intestazione "spettabile servizio sociale della Val d’Enza" segue una richiesta che unisce dolore e fermezza: "Chiedo un incontro con il mio nipotino. Dopo 18 mesi che non lo vedo, credo come nonno di averne diritto. Sempre che i diritti esistano ancora". Il foglio reca un timbro del tribunale dei Minori datato 28 settembre 2017: il bambino, che allora aveva 7 anni, era stato allontanato nell’aprile 2016 dalla sua famiglia e collocato presso una coppia affidataria. "Credo sia stata fatta un’operazione non giusta, velocissima – scriveva il nonno – con relazioni a mio avviso non veritiere, basate su supposizioni ed espedienti, con perizia a senso unico velocizzata per non dare possibilità di controperizia".

Parte della storia complessa di quel bambino è stata ripercorsa ieri nel processo sui presunti affidi illeciti di minori in Val d’Enza, che conta 17 imputati tra cui diversi professionisti, davanti al collegio presieduto da Sarah Iusto, a latere Michela Caputo e Francesca Piergallini. Il maresciallo capo Giuseppe Milano, citato come teste dal pm Valentina Salvi, ha ripercorso ieri le accuse di falso mosse alle ex assistenti sociali Federica Anghinolfi (la responsabile) e Nadia Gibertini. Il bambino era nato da una precedente relazione della madre, che col nuovo marito ha avuto poi altri due figli. Dapprima fu l’asilo a segnalare, a fine 2014, alcune anomalie comportamentali nel piccolo di 4 anni, che poi venne seguito dal servizio di neuropsichiatria. Nel febbraio 2016 scattò la prima relazione, scritta da Gibertini e trasmessa da Anghinolfi alla Procura dei minori di Bologna, "per sospetto abuso sessuale" ai danni del piccolo, secondo l’accusa viziata da particolari non veritieri. Il nonno stesso veniva descritto in modo negativo; la madre e il nuovo compagno "incapaci di comprendere le sofferenze del figlio", omettendo di riferire invece il loro interessamento al figlio, che era stato inserito in percorsi sanitari specialistici. Dalle due assistenti sociali, la madre, da cui il figlio era già stato allontanato, sarebbe stata costretta nel giugno 2016 a rivelare che il compagno non era il padre biologico: il tutto, secondo l’accusa, per isolare il minore dalla coppia e indurlo a rivelare falsi abusi sessuali subiti dal patrigno.

In un appunto dei servizi sociali era scritto: "Il bambino non spiega a parole, è un enigma. Segreto paternità, potrebbe essere il momento, lui è stabile".

Nelle relazioni all’autorità giudiziaria a fine 2016, Anghinolfi e Gibertini riportavano una frase attribuita al bambino, come fosse imminente una sua rivelazione su abusi sessuali subiti: "Devo essere più forte per affrontare il lupo". Riferimento che emerge, ha spiegato il maresciallo, "da intercettazioni nell’ottobre 2018 sulla psicoterapia praticata con Nadia Bolognini", psicologa del centro ‘Hansel e Gretel’ di Torino che operava a Bibbiano, "in cui lei impersonificava il gioco del lupo, col patrigno che urlava e inseguiva il bambino". Anche le reazioni di dolore del bambino per il distacco dai genitori sarebbero state prospettate in modo distorto, mentre la donna collocataria scriveva chiaramente "Gli manca la mamma": agli atti c’è un disegno del bambino in cui la casa d’origine appare tutta colorata, mentre quella degli affidatari è scura.