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Castità e povertà, vita da ’memores’ Davoli non era un cattolico qualsiasi

Viveva in una casa comunitaria assieme ad altri laici. Appassionato di fotografia e discepolo di Giussani

Castità e povertà, vita da ’memores’ Davoli non era un cattolico qualsiasi

Castità, obbedienza e povertà. Andrea Davoli, l’educatore di 52 anni arrestato dai carabinieri di Rimini per l’ipotesi di violenza sessuale su minore, non era un cattolico qualsiasi. Era un fervente e appassionato fedele, tanto da diventare uno dei “memores domini“, figure laiche che dedicano l’intera vita a diffondere il messaggio di Cristo, senza rinunciare a condurre una quotidianità pienamente inserita nel contesto sociale in cui vive. E così faceva Davoli, che viveva seguendo i precetti cristiani assieme ad altri come lui, in una delle case di Comunione e Liberazione a Reggio città. Fino al primo giugno, quando improvvisamente ha dovuto preparare la valigia e lasciare la sua città. Non è chiaro se le dimissioni siano state date di sua volontà, dopo un confronto duro avuto con il padre della ragazzina presunta vittima, o se sia stata la stessa comunità a sospenderlo dal suo uffizio e a cacciarlo dalla casa in attesa del giudizio. Fatto sta che Davoli a quel punto è partito trovando rifugio dai genitori in Veneto, dove poi è stato raggiunto dal mandato d’arresto dei carabinieri l’altra mattina. A qualcuno avrebbe detto "mi prendo un anno sabbatico".

Davoli era una colonna della Gioventù studentesca fondata da Don Giussani, un movimento nato alla fine degli anni ’50 e diventato rivoluzionario all’interno della Chiesa. Giussani aveva un modo tutto suo di parlare di religione: poca dottrina e molta cultura, condita di discussioni provocatorie e stimolanti. Davoli è cresciuto credendo in questi valori e in questo modo di interpretare la religione. I Memores mettono in comune i beni, praticano la castità e vivono l’obbedienza, ma non indossano abiti religiosi né emettono voti. Non sono preti né diaconi. Dedicano almeno due ore al giorno alla preghiera e alla contemplazione ma sono, come diceva lo stesso Giussani, "totalmente immersi nel mondo" e si guadagnano da vivere con il proprio lavoro, come tutti.

Davoli aveva poi una grande passione, conosciuta da tutti i suoi studenti: la fotografia. Sul profilo Instagram “Andrew Davols“ si trovano i suoi scatti, rigorosamente in bianco e nero. Foto di parroci, di bimbi, di asinelli, di madri, di vescovi. E una scritta in calce al profilo, uno slogan in cui riconoscersi: "L’arte ha bisogno di uomini commossi, non di uomini riverenti".

s.m.