Catasto, le carte dell’inchiesta prescritta

Venivano deprezzati i valori degli immobili. Sette indagati, tutti usciti puliti

La guardia di Finanza fece un blitz in municipio  già nel 2003

La guardia di Finanza fece un blitz in municipio già nel 2003

Reggio Emilia, 30 aprile 2016 - Non è la prima volta che le Fiamme Gialle entrano al Catasto. C’è già stata un’inchiesta con sei dipendenti, indagati a vario titolo, di corruzione; truffa ai danni dello Stato; abuso d’ufficio; falsità materiale e ideologica; soppressione, distruzione e occultamento di atti veri. Una sfilza di reati per fatti precisi, ma che sono finiti nel dimenticatoio: il fascicolo, aperto nel 2002, infatti, è stato archiviato a fine 2014 per prescrizione dei reati.

I NOMI delle persone allora iscritte, e uscite ‘pulite’ dall’indagine, sono tutt’altro che secondari. Nell’elenco compare infatti il consigliere comunale e tutt’ora dirigente del Catasto Salvatore Scarpino (a cui erano stati contestati tutti i reati tranne la corruzione) e Francesco Pastoressa, ex dirigente dell’Agenzia del Territorio, unico a cui era contestata anche la corruzione.

Accanto a loro, erano finiti nei guai pure Giovanni Piccinini, 57 anni, all’epoca operatore tributario addetto all’Urp del Catasto; Agatino Aliberti, 68 anni, ex funzionario dell’Ente; Giorgio Catellani, 67 anni, allora addetto al protocollo dell’Agenzia del Territorio; e Pierpaolo Fornaro, 51 anni, allora funzionario del Catasto. Una 77enne legale rappresentante di un’azienda di Cavriago era stata indagata solo per l’uso di atto falso. Nomi che erano già emersi nell’ottobre del 2003, quando era scattata la perquisizione da parte della Finanza negli uffici del Catasto. Alcuni interessati avevano già detto di non essere in alcun modo coinvolti nella vicenda, ma la mannaia della prescrizione non ha permesso che il fascicolo finisse davanti a un giudice e ogni accusa è stata archiviata. Tuttavia risulta particolarmente interessante capire quanto era stato scoperto dalle Fiamme Gialle prima che il fascicolo venisse ‘dimenticato’, per capire certe dinamiche di quanto accadeva a Reggio.

«Dai dati in possesso di questa procura della Repubblica – si legge nel decreto di sequestro della documentazione del Catasto firmato dal pm Luciano Padula – emergono una molteplicità di situazioni in cui immobili appartenenti alla categoria D (ubicati nell’ambito della provincia di Reggio Emilia hanno subito in maniera ingiustificata un abbassamento della rendita catastale per percentuali significative e sicuramente tale fenomeno ha interessato più annualità».

Rendite catastali più basse si traducono, ovviamente, in imposte (le varie Tari, Tasi, Ici, Imu) più basse, causando un danno sia al Comune, sia allo Stato di notevoli proporzioni. Sono 21 le situazioni su cui la procura ha concentrato all’epoca le sue indagini, ma – secondo alcune indiscrezioni – quella sarebbe solo la punta di un iceberg. E dai sequestri salta agli occhi una circostanza curiosa: proprio su quei 21 immobili «risulta ‘smarrita’ tutta la documentazione relativa alle riduzioni di rendita catastale».

Secondo la procura vi era «la sussistenza di gravi indizi in ordine ai reati ipotizzati ed evidenziati» dalle indagini svolte prima dal servizio ispettivo dell’Agenzia del Territorio e poi dal nucleo di polizia tributaria della Finanza di Reggio. Complici dei sei indagati del catasto, sarebbero state «altre persone tutte impiegate presso l’Agenzia del Territorio, ufficio provinciale di Reggio Emilia, allo stato in corso di identificazione». Ma l’indagine è stata archiviata, nessuno è responsabile.