"Cedetti il bar a Grande Aracri e Conte sotto minaccia. Un giorno mi fecero spogliare nudo"

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"Ho ceduto il mio bar a Paolo Grande Aracri e a Manuel Conte perché avevano iniziato a minacciarmi". Parla protetto dal paravento, l’ex titolare di un locale di Parma: secondo quanto ricostruito dalla Dda, avrebbe subito un’estorsione da Grande Aracri di Brescello, a processo per associazione mafiosa nel processo di ‘ndrangheta ‘Grimilde’ con rito ordinario, e dal suo complice (giudicato in abbreviato, ha confessato). L’uomo ha raccontato di aver rinunciato a vendere il locale ad altri acquirenti per 45mila euro perché terrorizzato: "Ero in difficoltà, non riuscivo a pagare più le rate del mutuo della casa. Paolo mi disse che mi avrebbe aiutato. Ma quando subentrò la proposta sul bar avanzata dagli altri, Paolo disse che lo voleva prendere lui e cominciò a minacciarmi. Io diventai succube: avevo paura per la mia compagna e per mio padre". Il bar cambiò gestione e l’uomo è finito in rovina: "Non avevo più nulla e rimasi a lavorare lì, ma loro prendevano tutti i soldi. Si raccomandarono di non nominare lo zio di Paolo (il boss di Cutro Nicolino Grande Aracri, ndr). E neppure il cognome Grande Aracri: dovevo chiamarlo solo Grande". In cambio del bar "mi promisero un pagamento di 10mila euro a rate, che io accettai sotto minaccia. Ma non mi hanno dato neppure quei soldi". Racconta di "schiaffoni" presi da Conte e di un’altra umiliazione: "Un giorno pensavano che io avessi preso soldi dalla cassa: per controllarmi mi fecero spogliare nudo". Usando il suo vecchio timbro, "Grande Aracri e Conte ordinavano prodotti alimentari per il bar, ma poi non pagavano i fornitori".

al.cod.