"Ci sarebbe da fare un lavoretto" L’inchiesta iniziò in quel modo

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Nel 2019, in un ufficetto sotto i portici di uno dei palazzi che contornano piazza Vallisneri, ad ’accogliere’ i coniugi modenesi cui da giovedì sono stati sequestrati preventivamente beni per un valore pari a oltre 700 mila euro, vengono accolti da Salvatore Muto e Domenico Cordua. All’interno di quelle quattro mura, estremamente discrete, nel centro di Reggio, ci sono le anche telecamere installate dalla Mobile. “Ci sarebbe da fare un lavorettino“... E’ la richiesta dei coniugi che viene presa in carico da Muto e da Cordua: ’eliminare’ la badante dei fratelli anziani che ha osato fare qualche domanda su come investire l’enorme patrimonio accumulato dai suoi ’assistiti’ e che è nella sostanziale disponibilità della moglie dei coniugi. "Chi ci va gli deve fare male!... o con la macchina, o con l’acqua (acido), o con la sigaretta elettronica, o con lo sguardo, gli devi fare male, male, male!...La devi tritare. Da qui in giù (facendo riferimento agli arti inferiori) la devi tritare!", è il contenuto saliente della conversazione captata tra Muto, Cordua e i due coniugi. Perché, come spiegano dalla Mobile, quando: "Si emette una fattura, o ci si fa pagare, in situazioni in odore di ’ndrangheta come questa, c’è sempre l’ala armata. Qualora vi fossero dei problemi da risolvere, e la badante evidentemente lo era, il supporto armato dell’Ndrangheta c’è e si può far sentire". L’intervento della Dda con gli arresti di Muto e Cordua nel marzo scorso ha evitato che il piano ordito dal ’quartetto’ potesse concretizzarsi. Muto e Cordua sono imputati, assieme ad altri 46 nel processo ’Perseverance’ la cui prima udienza preliminare si è tenuta a Bologna a dicembre. Muto e Cordua (assieme ad altri 4) sono accusati di associazione mafiosa secondo l’articolo 416bis del codice penale.