Circoncisione Reggio Emilia, neonato morto a novembre. Indagato un operaio

Non si tratterebbe di un santone ma di un operaio padre di famiglia, residente a Modena. Il racconto dei genitori del ghanese di tre mesi deceduto nei mesi scorsi

Il neonato è morto dopo la circoncisione fatta in casa (Foto d'archivio Newpress)

Il neonato è morto dopo la circoncisione fatta in casa (Foto d'archivio Newpress)

Reggio Emilia, 27 marzo 2019 - Fa l'operaio, è sposato e ha figli. Di origine ghanese, è l’uomo, un padre di famiglia in apparenza perfettamente integrato, cui una coppia di connazionali, residenti in centro a Reggio, avrebbe affidato il proprio figlioletto, di appena tre mesi, per sottoporlo alla circoncisione. E' indagato dalla procura di Reggio Emilia per omicidio colposo. L'uomo, che in un primo momento era stato dato come ricercato, è stato in realtà identificato da mesi, avendo già ricevuto un'informazione di garanzia. 

Non sarebbe un santone ma una persona della quale la famiglia si fidava. L’operazione, fatta in casa nel novembre 2018, ha però avuto un esito nefasto: il neonato ha avuto complicazioni ed è morto alcune ore dopo. Il nome del ghanese, così come quello dei genitori del bambino che si erano rivolti a lui per l’intervento, è iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di omicidio colposo in concorso. Dopo la morte del bambino, l’uomo è stato raggiunto a Modena, città nella quale risiede, dall’informazione di garanzia relativa all’autopsia per quale pure lui, oltre al pm Iacopo Berardi che è il titolare dell’indagine e i genitori del neonato, ha nominato un proprio consulente.

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Il ghanese si è affidato agli avvocati Daniela Goldoni e Riccardo Gatti, che aspettano di leggere le relazioni finali relative all’esame autoptico, per poi approntare le prime mosse difensive: da quanto emerso, il piccolo è morto per dissanguamento. Intanto, però, i difensori sostengono che lui non sia affatto una sorta di santone, e neppure una figura carismatica legittimata dalla comunità ghanese a operare i bambini, e neppure che si sia spacciato per medico. Una tesi opposta a quella sostenuta dalla famiglia del bambino di tre mesi, assistita dall’avvocato Giuseppe Caldarola, che sostiene invece di essersi rivolta a lui per la fama di cui avrebbe goduto per simili interventi praticati all’interno delle comunità africane di Reggio, Modena e Bologna, dove sarebbe stato piuttosto conosciuto. I genitori sostengono di essersi fidati di lui, di averlo pagato 250 euro - cifra che avrebbe permesso loro di risparmiare rispetto a quella chiesta in una struttura sanitaria privata - e ora vogliono smarcarsi dall’ipotesi di reato formulata anche nei loro confronti, perché si sentono vittime.

«Noi gli abbiamo affidato nostro figlio, ma non abbiamo assistito all’operazione, che è avvenuta dentro il bagno di casa nostra, nel quale lui si è rinchiuso lasciandoci fuori – raccontano – e dove ha poi praticato l’intervento, dopo aver recitato qualche preghiera». Per questo motivo la famiglia reggiana si batterà, attraverso il suo avvocato difensore, per far riqualificare il reato nell’ipotesi più leggera di omissione di soccorso, per il lungo tempo intercorso - alcune ore - tra il momento dell’operazione e quello del ricovero all’ospedale Santa Maria Nuova. Un caso simile, nel finale tragico, a quello del bambino di cinque mesi, di Scandiano, morto nelle prime ore di sabato dopo essere stato sottoposto alla circoncisione in casa, praticata però dai suoi genitori. Intanto la famiglia di Reggio ha deciso di collaborare con la questura: attraverso le conoscenze della comunità ghanese - passaparola e confidenze - si sta cercando di capire se altre coppie si siano rivolte a lui per operare i figli, anche senza che ci siano state complicanze o conseguenze fatali, ma per ricostruire quanti possano avergli commissionato operazioni chirurgiche fai-da-te, dunque illegali, e dietro compenso.