
I giudici costituzionali al palazzo della consulta durante un’udienza pubblica; nel riquadro Matteo Salvini
Reggio Emilia, 22 marzo 2025 – Hanno promosso una battaglia contro le discriminazioni, per sostenere il diritto alla cittadinanza delle persone straniere con problemi di disabilità. E l’hanno vinta, riuscendo a far cambiare la legge nazionale. A partire dal ricorso promosso dagli avvocati reggiani Mario Di Frenna e Lucia Larocca, infatti, la Corte Costituzionale ha smontato una parte del decreto legge Salvini su sicurezza e immigrazione datato 4 ottobre 2018 (numero 113). Nello specifico, la Consulta, con la sentenza 25 depositata il 7 marzo, ha dichiarato “incostituzionale” l’articolo 9.1 della legge 91/1992, introdotto dal decreto-legge 113/2018: questa norma prevedeva che l’ottenimento della cittadinanza italiana, per matrimonio o per naturalizzazione, fosse subordinato al dover dimostrare la conoscenza della lingua italiana almeno al livello B1 del Qcer (Quadro comune europeo di riferimento per le lingue), ma senza prevedere eccezioni per le persone affette da deficit. Tutti quanti erano chiamati a dimostrarla attraverso un titolo di studio o una certificazione linguistica, senza che vi fossero deroghe per coloro che hanno limitazioni mentali, fisiche o sensoriali.
Il caso reggiano
In questo iter una donna indiana, nata nel 1952, è stata assistita dagli avvocati Di Frenna e Larocca: lei aveva chiesto alla Prefettura reggiana di avere la cittadinanza italiana “per dieci anni”, ma la sua domanda era stata respinta per mancanza del requisito linguistico, nonostante fosse impossibilitata “a causa del deficit cognitivo, derivante da numerose patologie, oltreché dall’età”, condizioni che erano state documentate in un certificato medico dell’Ausl che attestava “gravi limitazioni alla capacità di apprendimento linguistico derivanti da età (...) e handicap”.
Contro la decisione i due legali sono ricorsi al Tar dell’Emilia-Romagna, davanti al quale sono stati anche depositati i verbali della commissione medica dell’Inps, che l’aveva dichiarata invalida medio-grave “con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni e i compiti propri della sua età” e “portatrice di handicap in situazione di gravità”.
Gli avvocati Di Frenna e Larocca hanno sostenuto che vi fosse stato un cattivo esercizio del potere discrezionale, ma soprattutto la violazione dell’articolo 9.1 della legge 91/1992, messo alla base del no della Prefettura, ventilandone l’illegittimità costituzionale perché precludeva la cittadinanza a coloro che non possono apprendere la lingua a causa di una disabilità.
Il Tar
Il giudice regionale, con sede a Parma, ha ritenuto che il motivo legato all’eccesso di potere fosse infondato: in pratica la Prefettura reggiana non ha colpe, perché “il chiaro tenore” della norma “non lasciava all’amministrazione la possibilità di una diversa determinazione”.
Il Tar ha però rimandato la questione alla Corte costituzionale, ritenendo, come sostenuto anche dai due avvocati, che la rigida interpretazione di quella norma potesse contrastare con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione e anche con le norme sovranazionali, in particolare la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
Lo Stato
La Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata dall’Avvocatura dello Stato, ha invece chiesto che le questioni sollevate fossero dichiarate inammissibili o infondate. Tra le argomentazioni, il fatto che si sarebbe riconosciuto in via innovativa la cittadinanza “a prescindere dal requisito linguistico che il legislatore ha configurato come elemento costitutivo”. È stato anche obiettato che il certificato Ausl acquisito dal Tar era privo di alcuni riferimenti specifici, mentre quello dell’Inps riguardava malattie fisiche. Si è anche evidenziato che interventi chirurgici e terapie fatte alla donna indiana risalivano al 2017 e che il documento Ausl fosse del 2021 e dunque che le patologie erano insorte molti anni dopo l’ingresso in Italia (2009). Secondo l’Avvocatura dello Stato, poi, non sussistevano le violazioni delle leggi ravvisate dal Tar.
La Consulta
La Corte costituzionale ha ripercorso norme di altri Paesi europei (Francia, Germania, Inghilterra) che esentano dalla prova di conoscenza della lingua chi ha vulnerabilità. E ha ritenuto che la questione di legittimità costituzionale fosse fondata in base all’articolo 3 della Costituzione, perché l’articolo 9.1 della legge 91/1992 viola il principio di eguaglianza “trattando in modo uguale, ingiustificatamente e irragionevolmente, situazioni diverse”. E traducendosi così in una forma di “discriminazione indiretta che può condurre a una forma di emarginazione sociale”.
I legali
Gli avvocati Di Frenna e Larocca fanno sapere di aver avuto un diniego della cittadinanza dalla Prefettura reggiana anche nel caso di una ragazza moldava down: “Non era stata registrata neppure la domanda”. E sulla battaglia vinta per la donna indiana, dichiarano: “Siamo siddisfatti della decisione della Corte costituzionale che ha confermato come il principio di uguaglianza sostanziale debba valere per tutti i cittadini”.