Confiscati beni per 4,5 milioni ai Grande Aracri

Un altro colpo inflitto alla cosca. Le fiamme gialle sottraggono 36 immobili e 17 società tra le province di Reggio, Crotone, Parma e Roma

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Una gigantesca "lavanderia" di denaro sporco ottenuto con l’usura ai danni di diversi imprenditori cremonesi ed emiliani e poi ripulito attraverso società fasulle e professionisti conniventi. È il contesto che inquadra l’ultimo provvedimento diretto contro il patrimonio della cosca di ‘ndrangheta legata alla famiglia Grande Aracri di Cutro, avvenuto ieri mattina tra il Veneto, l’Emilia-Romagna, il Lazio e la Calabria.

La Guardia di Finanza di Cremona, nello specifico, ha definitivamente confiscato beni per 4,5 milioni, che si aggiungono ai 57 milioni sottratti negli anni scorsi all’organizzazione criminale. Diventano quindi da oggi proprietà dello Stato 36 immobili (tra case e alberghi) situati tra le province di Crotone, Reggio, Parma, Roma e Verona, 17 società di capitali e otto automezzi. L’azione dei finanzieri di Cremona è scattata nell’ambito dell’operazione Demetra, poi confluita nella maxi inchiesta Aemilia, con epicentro a Reggio, partita nel 2015. A emettere il provvedimento di confisca odierno è stata la Corte d’Appello di Bologna, con la successiva conferma dalla Corte di Cassazione.

Tutto è partito da un episodio di usura perpetrato ai danni di un imprenditore cremonese da parte di un usuraio piacentino. Gli approfondimenti investigativi delle Fiamme Gialle sui flussi finanziari hanno in seguito portato alla luce altre vittime tra diversi imprenditori emiliani, “strozzati” dalla ‘ndrangheta. La consorteria reimmetteva infine nel circuito legale i profitti illeciti, investendo in case, alberghi e società agricole, edili, immobiliari e di trasporto e logistica.

Nel corso dell’indagine è stato ricostruito un apposito sistema criminale attraverso il quale la consorteria ‘ndranghetista, anche grazie allo strumentale utilizzo di società fasulle appositamente costituite da professionisti conniventi, sarebbe riuscita a reinvestire nel circuito legale ingenti risorse frutto della sua azione delittuosa.

L’attività della Guardia di Finanza si inserisce nella più ampia strategia istituzionale volta a rafforzare l’azione di aggressione dei patrimoni illeciti nei confronti delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, contrastandone l’infiltrazione nell’economia legale e colpendole nel cuore dei propri interessi economici, così da restituire alla collettività, per finalità sociali, i beni indebitamente accumulati.