Dagli Usa per girare un docu-film

Una troupe guidata dalla famosa regista Onuorah al palaBigi per ricostruire la storia del giovane Bryant .

Kobe Bryant e Reggio Emilia, un legame indissolubile e che continua a identificare la nostra città come la ‘casa italiana’ del compianto fuoriclasse gialloviola. L’ultima conferma – qualora ce ne fosse stato bisogno – è arrivata proprio ieri, quando il PalaBigi e le zone limitrofe sono state occupate dalle troupe della casa di produzione americana ‘Game1’ che sta girando un documentario sui luoghi che hanno segnato l’esistenza e la crescita (personale, ma anche tecnica) del ‘Black Mamba’.

La regista Nneka Onuorah – già vincitrice del prestigioso ‘Primetime Emmy Award’ (for Oustanding Directing for a Reality Program) fa ripercorrere questi posti ‘magici’ ad un amico d’infanzia ‘immaginario’ che può quindi assaporare e (ri)scoprire le radici del mito. Non è infatti una forzatura affermare che proprio nella nostra terra, tra Montecavolo (dove il piccolo Kobe abitava in un’elegante villetta con papà Joe, mamma Pam e le sorelle), il PalaBigi e la via Emilia l’ex numero 24 dei Los Angeles Lakers abbia mosso i primi passi verso un futuro da star di livello mondiale.

"In America sono Bryant, il campione, qui per molti di voi sono sempre Kobe, il ragazzo che prendeva il gelato con gli amici più cari" ha affermato in varie occasioni e in particolare nell’estate del 2016, quando venne a Reggio per l’ultima volta ricevendo l’abbraccio estasiato di un’intera città.

Tra quegli amici con cui - tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta - Bryant andava a prendere il gelato, scorrazzava in bicicletta e faceva i primi campetti (non solo basket, ma anche calcio…) c’erano quasi sempre anche Christopher Ward e Davide Giudici (nella foto qui sopra con i figli Tommaso e Giacomo) che proprio ieri sono stati intervistati come testimoni di primo livello della genesi del campione.

Le riprese sono state effettuate in gran parte al PalaBigi e anche nella piazzetta antistante, dedicata proprio a Kobe, alla figlioletta Gianna e alle altre vittime di quell’orrenda tragedia che il 26 gennaio del 2020 sconvolse per sempre anche le vite di chi gli era legato e lo vedeva come fonte d’ispirazione.

A distanza di oltre tre anni è bello sapere che il suo lascito è ancora vivo e può guidare le nuove generazioni.

È l’ennesima impresa di un campione senza maglia, senza età e senza fine.

Francesco Pioppi