Dai cartelli di protesta al ritorno della speranza

L’accoglienza di don Simonazzi poi l’oratorio di don Chiari: la storia di un quartiere-laboratorio in cui i cittadini, facendo rete, sono stati decisivi

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Se ci fossero ancora le circoscrizioni cittadine, Stefano Buffagni oggi sarebbe eletto presidente della Nord-Est per acclamazione.

Con la pettorina gira per gli stand, parla col questore Giuseppe Ferrari – che è affiancato dalle commissarie Angela Sangeniti e Federica De Simone – parla col vicecapo di gabinetto della prefettura, Gabriele Gavazzi, stringe mani, organizza al megafono.

Fu lui, insieme ad altri volontari del Comitato ’Ascoltare Santa Croce’, ad affiggere ai pali della luce quei cartelli, in italiano e in inglese – "Attenzione, zona pericolosa. Rischio aggressioni, furti e vendita droga" – che neanche un anno fa suonarono come un grido di dolore e forse segnarono il punto più basso nei rapporti con le autorità.

Chiediamo al ’presidente’ ad honorem di ripensare ad allora, ma oggi non è giornata. Il tempo è passato, le cose sono cambiate e Buffagni – con un sorriso e un po’ di malizia – si limita a dire: "Certamente quei cartelli diedero un’accelerazione".

Ma i meriti del Comitato, che non si è lasciato addomesticare dalla politica, vanno ben oltre. La capacità di fare rete, di essere sentinelle del territorio, di essere propositivi e non solo critici, alla fine ha premiato e lascia intuire che è stato un errore uccidere il decentramento, che il territorio – sul piano amministrativo – ha tanto da offrire al centro.

Santa Croce esterna, peraltro, è sempre stato un quartiere di frontiera e insieme un laboratorio di sperimentazione: dopo l’epopea operaia delle Reggiane, i primi immigrati ospitati da don Daniele Simonazzi al civico 79 di via Adua, poi il grande oratorio organizzato dall’indimenticato don Vittorio Chiari negli anni ’90, la prima introduzione – tutt’altro che facile – del ’porta a porta’, la grande mensa della Caritas. Ora, col Malaguzzi, il Tecnopolo e la vicina Arena Rcf, il quartiere (che certo non ha risolto tutti i suoi problemi, a partire da via Veneri e dal passaggio a livello che spezza via Adua) si candida a diventare l’avanguardia cittadina.

La stessa via Adua, in questo sabato di sole, è un grande laboratorio dove si mescolano le esperienze. Un allegro carrozzone dove ciascuno porta la sua storia. Ci sono le persone fragili che suonano e cantano col Cepam e c’è la Polizia scientifica, l’ispettore della Stradale Robert Barbieri che con passione fa lezione ai ragazzi, la Protezione civile, Dora, gli Scout, la Croce rossa, il teatro di Mamimò, lo Spi-Cgil, Libera, Legambiente, ci sono le scuole e i ragazzi impegnati nella corsa, o nella riscoperta dei giochi antichi. Una giornata unica, anzi, un inizio.

a.fio.