Dai rifiuti, un’idea imprenditoriale "Ridiamo vita alle bucce d’arancia"

La startup Packtin è stata fondata da quattro ricercatori di Unimore: a Reggio ci sarà il primo stabilimento in Italia che lavorerà i cosiddetti ’sotto prodotti’ di frutta e verdura

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di Monica Rossi

Si continua a sprecare troppo cibo. Ma una “semplice” e rivoluzionaria tecnologia potrebbe permettere di invertire la rotta. E’ così che nasce ’Too good to waste’, un progetto che ha avuto una sua importante vetrina durante la fiera Cibus di Parma, conclusasi il 3 settembre. "Io e i miei soci ci siamo laureati nel corso Scienze e Tecnologie Alimentari di Unimore. Durante le nostre ricerche, insieme al professor Pulvirenti, abbiamo cercato di capire come recuperare e utilizzare i sottoprodotti agro-industriali che spesso vengono buttati".

Andrea Quartieri, 35 anni, è co-fondatore di Packtin, una piattaforma tecnico scientifica per la valorizzazione a 360° dei sottoprodotti agroindustriali, fondata da un team di ricercatori di Unimore specializzati in microbiologia (Riccardo De Leo, Francesco Bigi, Andrea Bedogni).

Quartieri, sprechiamo davvero così tanto cibo nel mondo?

"Tanto sì, lo si dice da tempo. Basti pensare, nel piccolo, a sottoprodotti come le bucce di arance, pomodori o carote che vengono definiti “scarti” dai non addetti ai lavori...".

E invece potrebbero avere una vita se utilizzati bene?

"Certamente! Hanno un enorme potenziale perché contengono vitamine, fibre e antiossidanti che possono essere riutilizzati, se ben impiegati".

Come avete pensato di impiegarli?

"Il nostro progetto Too good to waste, finanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, tramite la startup Packtin, intende scomporre questi sotto prodotti e realizzare poi rivestimenti biodegradabili e commestibili per proteggere frutta e verdura fresca per impedire che marciscano e vengano buttate"

Quali sono le fasi della lavorazione?

"La prima è un’essicazione dei prodotti a bassa temperatura per ricavare delle farine funzionali. Queste farine potranno essere rimesse in circolo nell’industria. Impiegate in cosmesi, settore alimentare e per produrre rivestimenti biodegradabili, commestibili e lavabili che potrebbero sostituire ad esempio la cera che viene data agli agrumi, che li rende non edibili".

Avete già iniziato questa produzione?

"Sì, abbiamo affittato un capannone proprio qui in città per iniziare".

I macchinari erano già in commercio?

"Diciamo che li abbiamo inventati: sono ben quattro anni che stiamo lavorando a questo progetto".

E i prodotti? Dove li trovate?

"Cercheremo di essere la prima fabbrica circolare che riutilizza prodotti del territorio; ci sono molte aziende che producono succhi di frutta ad esempio e che possono fornirci le bucce. Al momento siamo partiti con le bucce di pomodoro e quelle di arancia".