’Dante Gomme’ già bersaglio dei proiettili

I tre figli di Francesco Amato, nel 2019, prepararono un attacco all’officina, all’Italghisa e a una tabaccheria, prima di venire arrestati

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Il nome della ‘Dante Gomme’ era già affiorato nell’estate del 2019. L’officina di vendita e cambi di pneumatici di Cadelbosco, teatro, sabato scorso, delll’efferato omicidio di Salvatore Silipo, per mano, almeno allo stato dei fatti al momento, del titolare dell’azienda, Dante Sestito, infatti, insieme alla discoteca Italghisa e a una non meglio precisata tabaccheria erano entrati nel mirino dei fratelli Amato – Mario, Michele e Cosimo – figli di quel Francesco Amato, condannato in ‘Aemilia’ in Primo Grado a 19 anni, poi ridotta in Appello a 16 anni e 9 mesi, resosi protagonista del clamoroso sequestro all’ufficio delle Poste di Pieve Modolena, che tenne tutta Italia col fiato sospeso per un giorno intero.

Lo avevano appurato gli investigatori della Dda di Bologna attraverso l’analisi delle prove rinvenute dagli inquirenti – in particolare il nastro di una macchina da scrivere – con cui i fratelli Amato avevano terrorizzato nei primi mesi del 2019, una serie di ristoranti e pizzerie della provincia. I tre fratelli infatti, furono ritenuti colpevoli per una serie di episodi intimidatori, avvenuti tra il gennaio e febbraio di quell’anno: in particolare gli spari a due pizzerie: ‘La Perla’, proprio a Cadelbosco, e il ‘Piedigrotta 3’ in via Emilia Ospizio a Reggio, oltre a minacce a vari altri locali della città.

L’accusa era quella di tentata estorsione in concorso aggravata dal metodo mafioso. Tanto che sulla vicenda, indagò, appunto la Dda di Bologna, nella persona del Pubblico Ministero, Beatrice Ronchi. Per quella vicenda, Mario Amato fu condannato in Primo Grado a 8 anni di reclusione, mentre i fratelli Michele e Cosimo a sei anni. Non solo la vicenda dell’attacco fallito degli amato. La ’Dante Gomme’ compare anche nelle carte dell’inchiesta ’Billions 2020’. Secondo l’ordinanza la ’Dante Gomme’ è: "Un’impresa realmente operante nel campo indicato nell’oggetto sociale del commercio degli pneumatici; nondimento parte del volume di affari è rappresentato da fatture per operazioni inesistenti". In pratica, secondo la Procura, l’azienda sarebbe stata utilizzata per emettere false fatturazioni e commettere illeciti fiscali.

Anche nel passato di Salvatore Silipo, vi è intreccio con la giustizia. Il quale, va sottolineato, non risulta essere connesso con la tragedia che lo ha visto protagonista sabato scorso. Nell’aprile del 2020, infatti, Silipo fu arrestato dai carabinieri di Gualtieri, assieme a un altro ragazzo di origine calabrese, Salvatore Oppido, al tempo risiedente a Quattro Castella, per una vicenda di droga. "Con quella vicenda lui non c’entrava nulla – ribadisce anche oggi, quanto detto all’epoca al Gip, l’avvocato difensore di Salvatore e della famiglia Silipo, Mattia Fontanesi – E’ un fatto ormai dimenticato, da cui Salvatore stava uscendone per il meglio".