Reggio Emilia, 17 maggio 2025 – “L’ho uccisa io”. Peter Pancaldi, 45 anni, ha confessato il delitto dell’ex compagna Daniela Coman, 48enne di origini romene, nell’abitazione di Prato di Correggio, nel Reggiano, dove avevano convissuto per mesi.

L’ha attirata con l’inganno per poi soffocarla, tappandole naso e bocca. L’uomo – originario di Campogalliano, nel Modenese – è stato sottoposto a fermo precautelare in attesa di convalida. Deve rispondere di omicidio volontario premeditato e aggravato dal fatto che la sottoponesse ad atti persecutori e stalking.
Il movente? Pancaldi le attribuiva la responsabilità di essere stata la causa della separazione con la precedente compagna che lo manteneva economicamente. “Da oltre vent’anni aveva problemi di tossicodipendenza e alcool, più volte fermato per guida in stato d’ebbrezza – ha spiegato il procuratore capo di Reggio Emilia, Calogero Gaetano Paci ieri mattina in conferenza stampa, delineando il profilo psicocriminale del killer –. Da quanto ricostruito, era solito vivere alle spalle delle donne con cui aveva una relazione, estorcendo loro del denaro e arrivando a vendere i loro oggetti per comprare cocaina e crack”.
Pancaldi sfruttava il suo charme facendosi mantenere per vivere oltre i limiti, senza un lavoro stabile e piena di vizi.
Il femminicidio è avvenuto martedì scorso. In mattinata aveva invitato Daniela a casa per prendere i suoi effetti personali dopo la relazione terminata da poco. Un primo incontro avvenuto in tranquillità verso le 9. Poche ore dopo, Peter la richiama. “Ho trovato anche un pc e una macchina fotografica con le foto di tuo figlio (avuto da lei con un altro uomo, ndr). Vieni a prenderli”. Daniela torna. Ma è un’esca che si rivela fatale. Davanti a lei trova un Peter completamente diverso da quello di poche ore prima. Fuori controllo. Le mostra un lampadario con un cappio. “Vedi? Ho provato a suicidarmi”, le dice cercando di usare una sorta di arma psicologica forse al fine di convincerla a tornare insieme. Poi la uccide.
Infine, copre il corpo senza vita con un piumone adagiandolo sul letto. Chiude tutto e fugge a bordo dell’auto della donna, lanciando il telefonino di lei in un campo, recuperato poi dagli inquirenti. Mercoledì sera la sorella e l’ex compagno di Daniela, non sentendola da tempo e non essendo andata a prendere il figlio a scuola, danno l’allarme ai carabinieri di Sassuolo, nel Modenese, dove viveva. E raccontano ai militari i cattivi presagi riguardo a Peter. Pochi minuti dopo i carabinieri di Correggio si presentano nell’abitazione di Prato, ma non risponde nessuno. Col supporto dei vigili del fuoco entrano e scoprono il cadavere. Scattano le ricerche. Grazie alle telecamere, Peter viene rintracciato nella notte a Modena. Portato in caserma, confessa tutto nell’interrogatorio e viene portato in carcere.
“Daniela era troppo buona – dice Leontina, sorella della vittima – Voleva aiutarlo e ha pagato con la vita”. Lei sapeva della pericolosità dell’uomo. “Aveva già utilizzato in passato le modalità di tapparle naso e bocca – ha detto il procuratore Paci – dicendole che prima o poi l’avrebbe uccisa così. Violenze di cui la vittima aveva riferito a sorella e alcune amiche. Purtroppo però nessuno ha denunciato e ciò non ci ha permesso di accendere un faro prima che si arrivasse alla tragedia. Invitiamo le donne che subiscono relazioni del genere a denunciare. Il nostro ordinamento è all’avanguardia, le leggi ci sono e i sistemi di protezione pure. C’è in gioco la vita”.