
Il convegno in Regione sull’esperienza del carcere di via Settembrini "Necessità di ampliare l’offerta di progetti e di aumentare i percorsi alternativi".
La casa circondariale di Reggio Emilia è tra i sei istituti penitenziari italiani che accolgono le persone transgender all’interno di una sezione dedicata e protetta. La sezione Orione, così si chiama, accoglie attualmente undici detenute trans, su una settantina totale in Italia.
A fare il punto sulla sezione transgender Orione, anche in rapporto alle altre realtà sul territorio nazionale, lo scorso mercoledì si è tenuto a Bologna – organizzato dal garante regionale dei detenuti dell’ Emilia-Romagna Roberto Cavalieri nella sede dall’Assemblea legislativa regionale – il convegno ’Carcere, transessualità e limitazione della libertà personale. Dall’esperienza di Reggio Emilia all’Italia. Visioni sul rispetto dei diritti di una minoranza penitenziaria’.
Tra i relatori reggiani: Elena Carletti (presidente commissione parità Emilia Romagna), Annalisa Rabitti (assessora al Welfare Reggio Emilia), Cecilia Di Donato (responsabile della scuola di teatro MaMiMò, all’interno della Pulce), Carmela Gesmundo e Mario Tafuto degli Istituti penali di Reggio Emilia e Marco Bedini, magistrato di sorveglianza a Reggio Emilia. Nella sezione Orione, le detenute sono undici: quattro le italiane, sette le straniere.
Dall’intervento dei relatori è emerso per prima cosa che ogni sezione protetta è di fatto un carcere nel carcere, ma a rendere ancora più drammatica la condizione è che nello specifico si tratta sempre di persone che hanno perso ogni legame con la famiglia e con l’esterno. I livelli di istruzione sono poi molto diversi e per questo servirebbero proposte di attività individualizzate.
"Dal 2017 mi occupo di attività teatrale all’interno del carcere di Reggio Emilia – ha detto Cecilia Di Donato –. Un’attività che non si è mai interrotta, nemmeno durante la pandemia. Ai detenuti vengono fatte proposte di attività e sono loro a scegliere come investire il loro tempo. In questo momento sono due le ragazze della sezione Orione che partecipano al progetto di teatro. È vero: non sono molte, ma sono comunque un sassolino nell’acqua che alimenta positività. Da poco hanno rappresentato uno spettacolo tutto loro, ’Cuciture’, dove hanno espresso che il teatro è il loro sogno e quando sognano sono libere".
A parlare poi è stata Marcia De Oliveira, di origine brasiliana, ristretta nella sezione Orione e ora operatrice sociale in Romagna. "In carcere mi sentivo sola e non vedevo via d’uscita – ha raccontato Marcia –. Poi ho capito che dovevo reagire. Ho conosciuto persone, a partire dai volontari, che mi hanno aiutata. Sono riuscita a uscire dall’isolamento, a ripartire. Sono stata in carcere sei mesi, arrestata come straniera irregolare in Italia. Oggi, chiuso il capitolo carcere, lavoro come operatrice sociale e mi impegno per sostenere le detenute che stanno vivendo una situazione simile a quella che ho vissuto io. Il mio sogno adesso è poter lavorare nella sezione Orione e spero di realizzarlo presto".
Il convegno ha fatto emergere la necessità di ampliare l’offerta di progetti rivolti ai transgender detenuti e di aumentare l’offerta di percorsi alternativi, per chi ne ha il diritto, alla pena penitenziaria. Ribadita più volte l’estrema necessità di somministrazione delle terapie ormonali, nella sezione Orione garantita, anche se subordinata a specifiche richieste e non sempre a titolo gratuito.