ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Detenuto pestato. Pene lievi per i 10 agenti: "Quella non fu tortura"

L’uomo fu incappucciato, denudato e picchiato. Le telecamere ripresero tutto. Condanne da 4 mesi a due anni. La parte civile: "Siamo perplessi e attoniti".

L’uomo fu incappucciato, denudato e picchiato. Le telecamere ripresero tutto. Condanne da 4 mesi a due anni. La parte civile: "Siamo perplessi e attoniti".

L’uomo fu incappucciato, denudato e picchiato. Le telecamere ripresero tutto. Condanne da 4 mesi a due anni. La parte civile: "Siamo perplessi e attoniti".

Vi furono condotte illecite da parte degli agenti della polizia penitenziaria verso il 44enne tunisino allora detenuto nel carcere di Reggio Emilia, ma non tali da configurare la grave accusa di tortura aggravata formulata dalla Procura e riconosciuta in prima battuta anche dal gip. È il senso della sentenza di primo grado emessa ieri sera dal giudice dell’udienza preliminare Silvia Guareschi per i dieci agenti imputati, oltre che per quel reato, anche per lesioni al 44enne e falso nelle relazioni sull’episodio contestato, datato 3 aprile 2023, che fu denunciato dal detenuto. Tutti quanti, ora sottoposti alla misura cautelare della sospensione dal lavoro, hanno scelto il rito abbreviato. Il pm Maria Rita Pantani aveva chiesto pene severe: 5 anni e 8 mesi per il viceispettore Luca Privitera, accusato di tutti e tre i reati; 5 anni per altri sette imputati per tortura e lesioni; 2 anni e 4 mesi per i due che dovevano rispondere solo di falso. Il giudice Guareschi, ieri, ha riqualificato l’accusa di tortura aggravata nel reato di abuso di autorità contro detenuti in concorso e ha riformulato le lesioni in percosse. Poi ha deciso le condanne, tutte quante con pena sospesa per cinque anni e non menzione nel casellario, molto più lievi di quelle chieste dal pm e accolte con lacrime di commozione, abbracci e pacche sulle spalle. Per Privitera, disposti due anni per questi due reati più il falso. Il gup ha poi deciso, per abuso di autorità e percosse, un anno, con la continuazione tra i reati per gli assistenti capo Giovanni Mastinu e Angelo Pio Latino, oltre all’agente Giovanni Navazio.

Sempre per queste due accuse, per l’assistente capo Federico Lioce una pena di 6 mesi e 20 giorni; agli agenti Angelo Di Pasqua, Giuseppe Valletta e Umberto Esposito Marroccella 4 mesi. Un anno, per il solo reato di falso del quale erano imputati, anche per l’assistente capo Andrea Affinito e il viceispettore Giampietro Urso. Gli accertamenti si erano basati sul video delle telecamere interne. Secondo la ricostruzione accusatoria, il detenuto uscì dalla stanza della direttrice del carcere dopo averla insultata per essere stato sanzionato per violazioni del regolamento. Fu incappucciato con una federa al collo e colpito con pugni mentre veniva spinto verso il reparto di isolamento. Quindi denudato e condotto nella cella; qui, non più col volto coperto, sarebbe stato preso a calci e pugni e lasciato nudo dalla cintola in giù. Secondo il pm, fu inventato che lui aveva lamette.

Nel febbraio 2024 il Guardasigilli Nordio e il ministro degli interni Piantedosi parlarono di "cose inaccettabili". I dieci imputati devono versare in solido tra loro una provvisionale di 10mila euro e il risarcimento al detenuto, parte civile con l’avvocato Luca Sebastiani. Esprime "soddisfazione", seppur annuncia di valutare "ricorso in Appello", l’avvocato De Belvis, che seguiva quattro persone. Sulla scia gli avvocato Tria e Rossi: "Le richieste di riqualificazione sono state accolte. Vi sono state sbavature nella condotta, ma non tortura". Deluso l’avvocato Sebastiani: "La sentenza ci lascia attoniti e francamente preoccupati. Fu un fatto gravissimo, che non dovrebbe mai accadere". Lapidario Michele Passione, avvocato del Garante nazionale: "È una sentenza sbagliata". Il Garante regionale, Roberto Cavalieri, si è detto "dispiaciuto nel vedere manifestazioni di gioia. Per il giudice non fu tortura, ma restano gli altri reati riconosciuti". E la senatrice Ilaria Cucchi: "Non mancava niente per qualificare tutto quello che avvenne nel carcere di Reggio Emilia per quello che è: tortura. Non sono ipotesi, ci sono i video che parlano da soli. Abbiamo ancora, forse per poco, un reato apposta nel nostro ordinamento. Io stessa mi ero battuta per la sua introduzione nel 2017. Ed è lì proprio perché ‘abuso di autorità’ non basta".