"Dicevano che non ce l’avrei fatta a rientrare Invece sono qua: mamma e portiere di calcio"

Alice Pignagnoli, gioca nel Cesena Femminile in serie B, si è allenata col pancione e dopo una settimana dal parto era già in campo "Le dicerie? Non mi importano, a tutte noi deve essere concesso di proseguire un percorso lavorativo e professionale"

di Daniele Petrone

"Una brava mamma non può essere una brava atleta e viceversa". Oppure "sei pazza ad allenarti al nono mese di gravidanza". Pregiudizi e cattiverie che con orgoglio, coraggio e attributi – alla faccia della differenza di genere – la reggiana Alice Pignagnoli, 32 anni, portiere del Cesena femminile in serie B ha saputo respingere coi suoi guantoni. Dopo aver partorito la splendida Eva il 9 agosto, è tornata in campo una settimana fa nel match di Coppa Italia contro il Milan. E dopo la partita (persa 2-0 contro una squadra di categoria superiore e con Alice protagonista di quattro super interventi), si è tolta qualche sassolino sui social. "A tutti quelli che mi dicevano che non ce l’avrei mai fatta a rientrare, a quelli che mi hanno ostacolato, scoraggiato, irriso, a quelli che ancora lo fanno. Questo è per voi", ha scritto. Un messaggio che nella giornata contro la violenza sulle donne assume un significato simbolico enorme.

Alice, a chi si rivolgeva?

"A tante persone. Dalle ginecologhe alle ostetriche fino alle vicine di casa. A chi mi guardava male col pancione mentre mi allenavo. In generale sono state più persone extracalcio a criticarmi. Io ho vissuto la gravidanza come un bel viaggio, non come un’esperienza invalidante. E non ero pazza, seguivo i consigli medici. Non mi è mai importato delle dicerie, anzi mi caricano. Mi dicevo: voglio dimostrarvi che non vi conviene sostituirmi. Ma purtroppo c’è questa percezione che siamo bambole con funzioni esclusivamente riproduttive".

Pregiudizi sui quali c’è ancora tanto da lavorare...

"Nel 2020 si pensa ancora che una brava mamma debba restare a casa. A livello psicologico può condizionare in tutti i campi, anche in un’azienda. I datori di lavoro non vedono l’ora perché le donne incinte sono un costo. Ma non è vero che dopo la gravidanza non siamo più le stesse. Sia chiaro: il mondo del lavoro non deve credere in noi per bontà, ma perché abbiamo una marea di risorse. A una madre deve essere concesso di poter continuare il suo percorso lavorativo con ambizione. Un figlio è felice se ha serenità attorno, non una mamma arrabbiata che ha rinunciato a tutto per lui. Ma il mondo dobbiamo cambiarlo noi donne in primis, ribellandoci".

Chi invece l’ha incoraggiata?

"Tanti, a partire da mio marito (Luca Lionetti, calciatore dilettante bandiera della Scandianese, ndr) e le nostre famiglie. Le compagne di squadra, le avversarie e soprattutto la mia società".

Il Cesena le ha rinnovato il contratto in gravidanza...

"Sì, è stato un club precursore. Hanno scommesso su di me quando ero all’ottavo mese e all’età di 32 anni, aspettando il mio rientro. Un messaggio bellissimo e per nulla scontato. Ho scoperto di essere incinta a fine novembre e la società ha risolto il contratto perché funzionava così. Poi grazie all’Assocalciatori e a Katia Serra (ex calciatrice anche della Reggiana, ndr), il mio caso ha contribuito a ottenere a livello sindacale e nazionale la cancellazione della risoluzione del contratto in caso di maternità. Il Cesena ha capito il mio valore anche fuori dal campo e da dicembre a maggio mi offriva un rimborso per seguire la squadra. Un bel gesto a cui poi è seguito il rinnovo".

Quanti sacrifici ha fatto per tornare così presto in campo?

"Mi sono allenata fino al nono mese. Dal 18 settembre dopo i 40 giorni di stop post parto, la società mi ha messo a disposizione uno staff medico per lavoro fisico e piano alimentare. Facevo una dieta ferrea e particolare, mangiavo cipolla a colazione, ho perso 15 chili in un mese... E ora a livello atletico mi segue pure Raffaele Nuzzo (ex portiere granata, ndr). Devo ancora lavorare tanto per tornare al top. Posso farlo grazie alla mia famiglia e ai suoceri che hanno approfittato per spupazzarsi Eva. Col mio lavoro comunque ho tante ore della giornata per godermela. Le mamme che fanno i sacrifici sono altre, penso alle impiegate".

Cosa sogna per Eva?

"Spero possa essere una bimba felice. Il pallone in casa mia rotola dappertutto, è impensabile che non proverà a giocare a calcio. Ma se non le piacerà nessun problema, anche se sarà obbligata a fare sport, qualsiasi, perché i ragazzi di oggi stanno troppo davanti ai videogame. Per il resto nella vita spero che godrà delle lotte che stiamo facendo come donne. Io da piccola mi sentivo dire: ‘il calcio è un gioco da maschi’. La verità è che il maschio medio si sente minato dalla nostra evoluzione, ma gli uomini veri, come mio marito e tanti miei amici, sono i primi a essere felici. Ma c’è ancora tanta strada da fare e io sono pronta a percorrerla, più di prima".