Diga di Vetto e siccità Comitato insoddisfatto "Capacità troppo bassa Il progetto così non va"

Ieri l’incontro coi presidenti delle province di Reggio e Parma e i sindaci. Illustrato il documento alla base del ’Contratto di fiume’ per l’Enza. Intanto i leghisti annunciano l’arrivo a breve del ministro Salvini.

Diga di Vetto e siccità  Comitato insoddisfatto  "Capacità troppo bassa  Il progetto così non va"

Diga di Vetto e siccità Comitato insoddisfatto "Capacità troppo bassa Il progetto così non va"

di Francesca Chilloni

Stanno già tracciando tra la vegetazione il sentiero che conduce all’area del Taglione, a Vetto. Matteo Salvini, vice premier e ministro delle Infrastrutture, fra 3-4 settimane sarà sul posto perché vuole di persona vedere i resti delle primissime opere delle fondamenta della Diga di Vetto che come denti cariati tra la boscaglia delle rive sono da trent’anni il totem di uno dei progetti bloccati politicamente più divisivi dell’Emilia-Romagna. Ma il tempo del no-invaso sembra superato, dopo che l’Assemblea e la giunta regionale Bonaccini – con la vice Irene Priolo e l’assessore reggiano Alessio Mammi – lo scorso 25 gennaio hanno dato un assenso blindato al riprendere il progetto ed attualizzarlo.

Le recentissime pioggie hanno cambiato il corso del torrente Enza, così è necessario aprire in tracciato nuovo: "Salvini verrà al Taglione. Ci siamo incontrati due settimane fa a Bologna e abbiamo discusso della diga. Per lui è un punto fermo - sottolinea il consigliere Gabriele Delmonte (Lega) - E ci ha dato mandato di organizzare la visita".

Dopo 30 anni di tentennamenti sono tutti d’accordo: quell’invaso s’ha da fare, è la priorità. La Regione vuole i soldi di Roma, Roma vuole lasciare un segno significativo sul territorio: su tutto non solo interessi economici (chi farà gli studi di fattibilità, i progetti, realizzerà le opere e le gestirà?), ma la pressione crescente del mondo produttivo agricolo e non solo, a fronte della siccità e del deficit idrico che – si teme – quest’estate porterà anche la razionamento dell’acqua potabile in Val d’Enza.

Unica voce di dissenso, la sinistra rossoverde. Ed è proprio questa compatta unità di intenti la vera novità emersa all’incontro con i presidenti delle Province di Reggio e Parma, i sindaci e gli amministratori locali, che si è svolto ieri nell’aula magna dei Servizi territoriali della Regione a Mancasale.

Il tema era l’illustrazione dei contenuti del Documento alla base del ’Contratto di fiume’ per l’Enza. Si è parlato di "Azioni sinergiche per il soddisfacimento del fabbisogni idrici della val d’Enza: progetto di fattibilità tecnica ed economica per invaso a usi plurimi".

Davanti all’edificio, alcuni ’Amici della diga di Vetto’, con il presidente Lino Franzini.

Resta il nodo della capacità dell’invaso: la Regione ieri ha parlato di 20-27 milioni di metri cubi d’acqua. Troppo pochi per i pro-diga. Una cifra, spiega Delmonte, "calcolata sul deficit del solo fabbisogno agricolo in un anno di media portata. Lo scorso anno si è arrivati a un deficit di 38 milioni, senza contare gli usi industriali e civili. Non solo: i canali devono essere pieni tutto l’anno per motivi igienico-sanitari e per consentire alle falde di riformarsi. L’invaso a usi plurimi deve poter produrre energia elettrica pulita sempre". Era il 1991 quando l’assessore Gazzolo disse: "La diga non si farà". Di acqua e politica n’è passata sotto i ponti dell’Enza.

L’obiettivo del Documento d’Intenti è, come ha sottolineato Priolo, di "condividere una visione strategica dell’Enza a partire dal confronto tra i soggetti coinvolti e dalla sua funzione di straordinaria risorsa naturale" dalle fonti al Po, con l’assessore Mammi che ribadisce che l’aver "ottenuto le risorse per lo studio di fattibilità dell’invaso in Val d’Enza è un risultato storico per la Val d’Enza, le due province di Parma e Reggio Emilia, e la produzione del Parmigiano Reggiano", il primo marchio da export del Made in Italy nel mondo.

Il riferimento è ai 3,2 milioni di euro, a cui la Regione aggiunge 300mila euro per il completamento della analisi.

Gli obiettivi comuni sono la tutela della risorsa idrica, mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico, riqualificazione degli ambiti fluviali e sviluppo del territorio. Fare infatti una diga non serve se non si sistemano le perdite idriche del sistema a valle e non si diffonde una cultura del risparmio, né se non si integra la sicurezza idraulica con la qualità dell’ambiente fluviale.