"Mi licenzio, devo accudire mio figlio disabile"

Un padre: "Non posso andare avanti, ho chiesto invano al Comune di Casalgrande un’altra casa". La titolare dell’azienda lo sostiene: "Pronto un esposto contro le istituzioni"

L’imprenditrice Cristina Meglioli, decisa ad aiutare il dipendente in difficoltà

L’imprenditrice Cristina Meglioli, decisa ad aiutare il dipendente in difficoltà

Reggio Emilia, 2 dicembre 2017 – «Sono costretto a licenziarmi per accudire mio figlio disabile». Un atto forte che corrisponde a un grido d’aiuto. Un padre disperato, dagli occhi buoni. Quelli di chi non vorrebbe mai arrivare a tanto. Perché quando si lavora onestamente, gli sforzi per mandare avanti una famiglia rendono nobili e mantengono alta la testa. Ma quando le difficoltà sono insormontabili, quegli occhi si abbassano nel raccontarle. Ma restano sempre dignitosi.

Una storia drammatica quella di una famiglia casalgrandese. Un padre e una madre con tre figli. Uno di questi, 15 anni, affetto da una meningite congenita. Un ragazzone sulla sedia a rotelle, con costante bisogno di attenzioni e assistenza. «Sono in Italia dal ’94 – spiega il papà – e da 13 anni vivo a Casalgrande. Abitavamo in una casa piccolissima vicino alla farmacia, poi l’ex sindaco Andrea Rossi ci ha aiutato a trovare una sistemazione migliore, quella in cui siamo attualmente da sei anni, nel centro del Paese. Ma non ci hanno regalato nulla, pago l’affitto regolarmente. Mio figlio è cresciuto e questa casa non è abbastanza per le sue esigenze».

Esigenze di natura logistica e tecnica. «La camera è piccola anche per muoversi – illustra - Abbiamo un sollevatore che non possiamo utilizzare per spostarlo dal letto alla carrozzina. Non c’è spazio. Così deve pensarci mia moglie con le braccia. È distrutta, ha la schiena spaccata. Abbiamo chiesto aiuto ai servizi sociali del Comune di Casalgrande per trovarci un’altra sistemazione, ma ci hanno risposto che esiste una graduatoria da rispettare. Sono venuti dei tecnici per eventuali modifiche perimetrali, ma non cambierebbe nulla. Il sollevatore non riusciremmo a utilizzarlo. Non chiedo soldi e neppure una villa. Ma una casa da pagare onestamente che permetta a mio figlio di stare meglio». Inoltre, da quest’anno, suo figlio non va più a scuola: «Vogliono tenerlo legato alla carrozzina con una speciale cintura che però, se applicata troppe ore al giorno, gli fa male. E se espleta i suoi bisogni non lo cambiano. Non possiamo accettarlo».

Così è stato costretto a licenziarsi da operaio, alla Impergiò di Casalgrande. A prendere a cuore il suo caso è la titolare dell’impresa, Cristina Meglioli: «E’ tra i migliori mai avuti. Si fa il mazzo dalla mattina alla sera, paga le tasse. E il Comune cosa fa? Non lo aiuta e preferisce privilegiare i richiedenti asilo. E addirittura non prende il ragazzino a scuola. Qui si sta parlando di dignità. Se non sarà aiutato, ho già pronto un esposto per denunciare le istituzioni alla Procura».