
Il reo confesso del delitto della compagna Daniela Coman, ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il gip fa cadere tre aggravanti formulate dalla procura: il quadro indiziario non è sufficientemente robusto. .
Per Peter Pancaldi il giudice ha disposto la custodia cautelare in carcere per l’ipotesi di reato di omicidio volontario dell’ex compagna Daniela Coman, di cui ha confessato l’uccisione avvenuta nella casa di Prato di Correggio. Sulla sussistenza delle tre aggravanti formulate dalla Procura non ha al momento ravvisato un quadro indiziario sufficientemente robusto: su alcune circostanze dev’essere ancora fatta chiarezza. È la decisione presa ieri pomeriggio dal gip Matteo Gambarati che ha convalidato il fermo del 45enne. Al momento ha ritenuto che non vi siano i gravi indizi di colpevolezza rispetto alle tre aggravanti formulate dalla Procura. Cioè la premeditazione, per quale devono ancora essere collocati con certezza i tempi reali dell’insorgere del proposito di ucciderla. E poi il legame della relazione affettiva: da quanto emerge, pare che da un po’ la vittima avesse detto alla sorella che voleva lasciarlo, che la relazione si fosse chiusa qualche giorno prima dell’omicidio e anche che lei avesse dormito la notte prima a casa dell’ex compagno a Sassuolo. Figura anche lo stalking a cui lui avrebbe sottoposto la donna: a detta della sorella, Pancaldi avrebbe fatto pressing per non essere lasciato, ma si aspetta di capire come siano concretizzate le eventuali condotte persecutorie. In questa fase iniziale stanno proseguendo gli accertamenti dei carabinieri, coordinati dal pm Valentina Salvi, per fare piena luce.
Pancaldi, 45 anni, originario di Campogalliano (Modena), ha ammesso di aver soffocato la 48enne di origine rumena e residente a Sassuolo, tappandole naso e bocca con le mani. Secondo una prima ricostruzione accusatoria l’avrebbe attirata con l’inganno nella casa di Prato di Correggio dove convivevano. I due si erano da poco lasciati: un possibile movente emerso sarebbe che lui le attribuiva la colpa della rottura di una relazione che lui aveva con una donna che lo manteneva economicamente. Risulta che Pancaldi, al momento disoccupato, consumasse droga (coca e crack). Nell’udienza davanti al gip Pancaldi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Per lui il pm ha chiesto la custodia cautelare in carcere, domanda poi accolta dal giudice. L’avvocato difensore Annalisa Miglioli (studio Della Capanna), ora nominato di fiducia, ha sostenuto che a suo avviso non sussistano i pericoli di fuga e di reiterazione del reato, ma non ha chiesto misure cautelari più leggere perché al momento il suo assistito non ha la disponibilità di un alloggio.
"A oggi l’ho trovato più tranquillo. In carcere ha ripreso il percorso col Sert", ha dichiarato a margine dell’udienza l’avvocato Miglioli, che al momento preferisce non entrare nei dettagli: "Siamo in una fase preliminare. Anche se potrei fare riflessioni sulle aggravanti formulate dalla Procura, in ottica difensiva le riserverò per il prosieguo della vicenda giudiziaria". La sorella della vittima, Leontina Chiparca, abita a Faenza ed è tutelata dall’avvocato Helmut Bartolini: "Sta soffrendo molto – commenta il legale –. Viveva lontano dalla vittima ma era in contatto con lei. Ora è preoccupata per il nipotino: nei giorni scorsi si è sentita col padre del bambino ed era stata molto attiva nell’occuparsi della situazione". In aula anche gli avvocati Alessandra Innaro e Lorenza Cavazzuti, che tutelano il figlio della vittima, che ha 10 anni, e suo padre: "A oggi la tutela del minore è il nostro interesse prioritario", dichiarano i legali. Intanto ieri pomeriggio al Policlinico di Modena è iniziata l’autopsia per la quale sono stati incaricati gli specialisti di medicina legale: il tribunale ha nominato Erjon Radeshi, che ha preso 90 giorni di tempo per il deposito della sua relazione; la Procura si affida a Franco Marinelli, la difesa ad Andrea Lusetti e l’avvocato Bartolini a Sabino Pelosi.