Disturbi alimentari, record da lockdown: +225% in un anno

Boom di accessi all’Ausl reggiana nel 2020 per anoressia, bulimia e altre forme di disagio. Sono stati 41 i ragazzi seguiti tra i 12 e i 25 anni

Disturbi alimentari e lockdown: è boom

Disturbi alimentari e lockdown: è boom

Reggio Emilia, 30 marzo 2021 - Privati del contatto con insegnanti, compagni di classe, amici, e costretti a stare in casa, gli adolescenti reggiani hanno sviluppato in maggiore misura, nell’anno in cui è esplosa l’emergenza Covid, disturbi alimentari.

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Anoressia, bulimia e altre forme attraverso cui si esprime il loro disagio sono esplose, specie per i più piccoli: nel 2020 si è registrato un +225% di casi di accesso al servizio specializzato dell’Ausl reggiana, specie per chi ha tra i 12 e i 14 anni, passati da otto a ventisei ragazzi seguiti. In aumento anche chi ha avuto bisogno di un intervento intensivo: ricovero all’ospedale, in residenze riabilitative o pasti assistiti, con trattamento in ambulatorio e supporto psicologico per trattare l’ansia che insorge mentre si mangia.

Se nel 2019 19 ragazzi hanno avuto bisogno di un ricovero, l’anno scorso sono stati almeno 41, soprattutto tra i 12 e i 25 anni. Per capire l’impatto del lockdown basti pensare che nel 2014 i pazienti seguiti dall’Ausl erano 197, saliti l’anno scorso a 305: la stragrande maggioranza di chi manifesta disturbi alimentari, soprattutto anoressia, è fatta di ragazze, ben 284.

Anna Maria Gibin
Anna Maria Gibin

Anna Maria Gibin, psicologa, responsabile del programma di disturbi alimentari dell’Ausl reggiana la pandemia come sta condizionando la vita degli adolescenti? "Nell’ultimo anno è emersa la sofferenza dovuta alla didattica a distanza. In classe ci si confronta con altri, ma lo si fa allenandosi dentro le relazioni sociali. Un altro aspetto critico è l’isolamento forzato, perché non si possono vedere i coetanei neppure dopo le lezioni. I ragazzi hanno la necessità di sentirsi vicini ai loro pari, più che ai genitori: gli adolescenti infatti costruiscono la loro identità tramite la relazione con i coetanei. Anche l’interruzione dell’attività motoria ha acuito le loro angosce. I ragazzi si vedono costretti a stare sempre in famiglia, quando invece vorrebbero sviluppare la propria autonomia: di certo non è normale". La vita scorre sui social network e a distanza: quali conseguenze sulle generazioni nate digitali? "In questo momento i social hanno acquisito potere educativo e di confronto maggiore rispetto al passato. Sulle piattaforme online prende forma il confronto continuo dei ragazzi con gli altri per averne l’approvazione". Perché i disturbi alimentari degli adolescenti sono aumentati durante la pandemia? "Questi disagi nascono dalla difficoltà di trovare un’identità e autostima. Nell’ultimo anno è venuto a mancare lo spazio in cui i ragazzi possono misurarsi con i propri pari per costruire una buona stima di sé. Così non riescono a conquistare autonomia e identità, e sono costretti invece a muoversi nei social, dentro dimensioni manipolate talvolta anche dagli stessi influencer". A fronte della dad, cosa può fare la scuola per i ragazzi? "Occorrerebbe innanzitutto non prolungare la chiusura degli istituti all’infinito. E poi mantenere l’attività motoria libera, per immergersi nella natura ovviamente seguendo le norme, cioè non a gruppi. Poi andrebbe avviato l’accompagnamento verso i social, aiutando i giovani a sviluppare capacità critica nei confronti dei modelli identitari corporei. Bisogna considerare che i ragazzi stanno portando avanti la loro formazione personale in tempo di guerra. La scuola, poi, dovrebbe organizzare momenti di manifestazione della sofferenza". Come farlo, se si è a distanza? "I ragazzi non vanno riempiti con nozioni, ma aiutati sul piano personale ed emotivo. Cultura e arte sono fondamentali, attraverso momenti espressivi". E i genitori cosa possono fare? "Devono organizzare momenti di dialogo, anche se mettere in comune la sofferenza è difficilissimo. Ma servirebbe anche una politica per la famiglia: lo Stato dovrebbe dare più aiuti ai genitori in smart working che devono seguire i figli a casa".