Reggio Emilia, 30 marzo 2021 - Privati del contatto con insegnanti, compagni di classe, amici, e costretti a stare in casa, gli adolescenti reggiani hanno sviluppato in maggiore misura, nell’anno in cui è esplosa l’emergenza Covid, disturbi alimentari.
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Anoressia, bulimia e altre forme attraverso cui si esprime il loro disagio sono esplose, specie per i più piccoli: nel 2020 si è registrato un +225% di casi di accesso al servizio specializzato dell’Ausl reggiana, specie per chi ha tra i 12 e i 14 anni, passati da otto a ventisei ragazzi seguiti. In aumento anche chi ha avuto bisogno di un intervento intensivo: ricovero all’ospedale, in residenze riabilitative o pasti assistiti, con trattamento in ambulatorio e supporto psicologico per trattare l’ansia che insorge mentre si mangia.
Se nel 2019 19 ragazzi hanno avuto bisogno di un ricovero, l’anno scorso sono stati almeno 41, soprattutto tra i 12 e i 25 anni. Per capire l’impatto del lockdown basti pensare che nel 2014 i pazienti seguiti dall’Ausl erano 197, saliti l’anno scorso a 305: la stragrande maggioranza di chi manifesta disturbi alimentari, soprattutto anoressia, è fatta di ragazze, ben 284.
Anna Maria Gibin, psicologa, responsabile del programma di disturbi alimentari dell’Ausl reggiana la pandemia come sta condizionando la vita degli adolescenti? "Nell’ultimo anno è emersa la sofferenza dovuta alla didattica a distanza. In classe ci si confronta con altri, ma lo si fa allenandosi dentro le relazioni sociali. Un altro aspetto critico è l’isolamento forzato, perché non si possono vedere i coetanei neppure dopo le lezioni. I ragazzi hanno la necessità di sentirsi vicini ai loro pari, più che ai genitori: gli adolescenti infatti costruiscono la loro identità tramite la relazione con i coetanei. Anche l’interruzione dell’attività motoria ha acuito le loro angosce. I ragazzi si vedono costretti a stare sempre in famiglia, quando invece vorrebbero sviluppare la propria autonomia: di certo non è normale". La vita scorre sui social network e a distanza: quali conseguenze sulle generazioni nate digitali? "In questo momento i social hanno acquisito potere educativo e di confronto maggiore rispetto al passato. Sulle piattaforme online prende forma il confronto continuo dei ragazzi con gli altri per averne l’approvazione". Perché i disturbi alimentari degli adolescenti sono aumentati durante la pandemia? "Questi disagi nascono dalla difficoltà di trovare un’identità e autostima. Nell’ultimo anno è venuto a mancare lo spazio in cui i ragazzi possono misurarsi con i propri pari per costruire una buona stima di sé. Così non riescono a conquistare autonomia e identità, e sono costretti invece a muoversi nei social, dentro dimensioni manipolate talvolta anche dagli stessi influencer". A fronte della dad, cosa può fare la scuola per i ragazzi? "Occorrerebbe innanzitutto non prolungare la chiusura degli istituti all’infinito. E poi mantenere l’attività motoria libera, per immergersi nella natura ovviamente seguendo le norme, cioè non a gruppi. Poi andrebbe avviato l’accompagnamento verso i social, aiutando i giovani a sviluppare capacità critica nei confronti dei modelli identitari corporei. Bisogna considerare che i ragazzi stanno portando avanti la loro formazione personale in tempo di guerra. La scuola, poi, dovrebbe organizzare momenti di manifestazione della sofferenza". Come farlo, se si è a distanza? "I ragazzi non vanno riempiti con nozioni, ma aiutati sul piano personale ed emotivo. Cultura e arte sono fondamentali, attraverso momenti espressivi". E i genitori cosa possono fare? "Devono organizzare momenti di dialogo, anche se mettere in comune la sofferenza è difficilissimo. Ma servirebbe anche una politica per la famiglia: lo Stato dovrebbe dare più aiuti ai genitori in smart working che devono seguire i figli a casa".