"Dovremmo vendere il pane a 10 euro al chilo"

Fornai a rischio chiusura: "Ora lo diamo a 5,5 euro e ce ne vergogniamo, ma non possiamo fare altrimenti. Costretti ad aumentare i prezzi"

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di Ylenia Rocco

A mali estremi ‘‘andremo avanti a pane e acqua’, si è sempre sostenuto nei momenti di grande ristrettezza economica. Per la prima volta questo antico detto sembra essere messo in discussione dalla pericolosa lievitazione dei prezzi dell’energia elettrica per il funzionamento dei macchinari o dei forni dei panificatori, oltre all’aumento dei costi delle materie prime, come farine e olio. Rischiando così di far scomparire dalle nostre tavole il pane, che da secoli accompagna le nostre pietanze.

In città qualche panificio è stato costretto a spegnere i forni, altri cercano di resistere a una situazione che si presenta pericolosa per un’intera categoria, e non solo. Stefania Convertino e Geraldo Baldino, proprietari della ‘Panetteria Pieve’ e del forno ‘Dolce Mattino’ a Reggio, sommersi dalle elevate bollette, sopravvivono. Lo fanno per i propri dipendenti e per un sogno che 21 anni fa hanno deciso di realizzare.

"Questo mese non sappiamo come faremo a pagare la bolletta - denunciano Stefania e Geraldo -, il prezzo dell’energia è quintuplicato in poco tempo. Non dimenticando le spese per il gas, la farina e le altre materie prime, che sono raddoppiate. Le bollette, tra l’altro, arrivano con scadenza di venti giorni l’una dall’altra e stare al passo con i pagamenti è complicato: ne abbiamo pagata una il 15 settembre e lunedì (oggi per chi legge, ndr) dovremmo pagarne un’altra da 4mila euro, ma saremo costretti a chiedere il dilazionamento".

Per far quadrare i conti Stefania e Geraldo dovrebbero vendere il pane a 10 euro al chilo. "È impensabile – replica la fornaia –, attualmente lo vendiamo a circa 5,50 euro al chilo e ce ne vergogniamo ma non possiamo fare altrimenti. In meno di un anno siamo stati obbligati ad aumentare i prezzi del pane di 1,50 euro al chilo e lunedì (oggi, ndr) ci sarà un altro incremento circa del 10 per cento".

Nel forno Pieve, il locale nel quale si concentra gran parte della loro produzione, ci sono l’impastatrice, la macchina per lisciare la pasta, il forno e tante altre attrezzature che lavorano dalle 23 alle 4 del mattino, per cinque ore al dì, sei giorni su sette, con 14 frigoriferi sempre funzionanti. "Non possiamo rinunciare all’utilizzo di una sola di queste macchine – chiarisce la fornaia –, ma con questi rincari io e il mio socio lavoriamo gratuitamente, facendo tanti sacrifici".

Paradossalmente la richiesta della pagnotta è aumentata: "Produciamo tanto perché già quattro forni in città hanno chiuso – spiega la donna –,avremmo bisogno di una persona da inserire nel nostro staff, ma con le spese che dobbiamo sostenere è infattibile".

La crisi ha sensibilizzato verso una maggiore attenzione allo spreco. "C’è richiesta, ma meno sperpero: la gente acquista la giusta quantità – continua –. I prodotti che avanzano invece li vendiamo con applicazioni come Too Good To Go e Spiky: 10 euro di prodotti possono essere acquistati a tre euro. È un eufemismo dire che in questo modo recuperiamo le spese, ma almeno diamo la possibilità a chi è in difficoltà di portare a casa la pagnotta di pane".