"Elettronica alle Reggiane? La città meritava un club"

Benny Benassi, dj e producer di Albinea, pronto ad animare l’Omi Festival "Quando ero giovane c’erano 32 discoteche, sono cresciuto suonando lì"

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di Saverio Migliari

Dalle gru portuali più grandi del mondo, al primo festival di musica elettronica dentro uno spazio industriale recuperato. Sabato e domenica, nel mastodontico capannone 15 delle ex Reggiane, va in scena l’Omi Festival, una due giorni organizzata dalla Nameless srl che porterà sul palco alcuni tra i dj e producer più in voga del momento (il programma è pubblicato qui sotto). E il protagonista, ovviamente, sarà Benny Benassi, oggi 55 anni e per decenni orgoglio italiano e reggiano nel mondo della musica da club.

Benassi, cosa ha pensato quando le hanno proposto di suonare alle ex Reggiane?

"Ho detto ’finalmente si può fare qualcosa lì dentro!’. Un posto così sembra essere nato per questi eventi, così come accade ad esempio al Kappa Future Festival di Torino, o al Brooklyn mirage di New York".

Nomi grossi. Reggio è pronta?

"Secondo me, per quello che Reggio ha fatto per la cultura dei club nei decenni passati e per quanta gente ha cercato di crearsi una carriera imprenditoriale grazie a questo, la città merita un contenitore dove tutti quelli con un’idea forte possano esprimersi".

L’Arena non basta?

"Va benissimo per i concerti all’aperto e di grandissime dimensioni. Ma faccio un esempio: se volessi portare Fatboy Slim qui, servirebbe un contenitore invernale, che sia come un club, adatto a 6-7mila persone".

Perché Reggio lo meriterebbe più di altri luoghi?

"Questa città non è Modena e non è Parma, è Reggio. Ho fatto i conti: quando avevo 19 anni avevamo 32 discoteche. Erano 32 imprenditori che cercavano di far funzionare il tutto, e con quanta passione lo facevano... Adesso non c’è più niente se non l’Italghisa che faccia club-culture. Io almeno potevo andare in discoteca a suonare nuova musica e mi rendevo conto di cosa funzionasse in sala".

Altri tempi, altre mode...

"Lo capisco che il mondo è cambiato ed è più virtuale, però c’è un momento in cui serve concretezza. E fare club-culture è ancora importantissimo. A volte alcuni imprenditori mi dicono “ho già la discoteca piena così, senza chiamare un artista da fuori“. Ma se inviti producer emergenti lo fai per far crescere la stessa cultura dei club".

Cosa deve fare un producer, oggi, per emergere?

"Non si vive solo di playlist di Spotify. Altrimenti diventa tutto un po’ noioso e uniformante. Fortunatamente la musica club non è mai stata così, ha sempre cercato di trovare alternative. Ecco, forse un dj oggi deve fare un po’ il ’ricercatore’, per scoprire nuovi suoni e saperli proporre al pubblico".

Che sensazione prova nel tornare a suonare a Reggio?

"Sono carico, sono contento. E’ un po’ come giocare in casa. In questi giorni ho tutti gli amici che mi scrivono che verranno con i loro figli".

Già in mente una scaletta?

"Non ci ho pensato. Ma un capannone tutto di lamiera così ti fa venire voglia di suonare techno...".