
Il padre e la matrigna di una giovane pakistana a processo per costrizione al matrimonio e maltrattamenti. Tra le accuse schiaffi, prese per i capelli e l’averle impedito sia di lavorare che di fare l’esame di terza media.
"Farai la stessa fine di Saman": il padre avrebbe prospettato questo terribile destino alla figlia, se non avesse accettato di sposare un cugino connazionale. Sono più di uno gli aspetti che accomunano le vicende delle due giovani pakistane, entrambe di Novellara, ma a differenziarle è il finale. Saman Abbas, a 18 anni, fu uccisa e sepolta sotto terra nella notte fra il 30 aprile e il primo maggio 2021: in secondo grado di giudizio genitori, zio e due cugini sono stati condannati all’ergastolo. Per l’altra, invece, si è accesa la speranza: ora è accolta in una comunità protetta.
Il pubblico ministero Giulia Galfano, titolare del fascicolo a carico dei genitori della ragazza che oggi ha 21 anni, ha formulato per il padre le accuse di costrizione al matrimonio - contratto il 28 novembre 2021 quando lei aveva 18 anni, tramite una telefonata via internet - e di maltrattamenti aggravati alla figlia, quest’ultimo reato di cui deve rispondere anche la matrigna 38enne. In tribunale ieri si sono susseguite la discussione delle parti e poi la sentenza di primo grado in cui sono stati riconosciuti entrambi responsabili. Il pubblico ministero in aula Maria Rita Pantani si è dapprima opposta al patteggiamento, ed è così scattata la scelta in subordine del rito abbreviato.
Il giudice dell’udienza preliminare Luca Ramponi ha deciso per il marito 54enne 2 anni e 4 mesi di condanna, per la donna 2 anni con pena sospesa subordinata alla frequentazione di un corso antiviolenza; per entrambi attenuanti generiche riconosciute equivalenti all’aggravante della minore età. Il pm aveva chiesto 3 anni e mezzo per lui, per la matrigna 3 anni. Tra le accuse, non averle permesso di sostenere l’esame di terza media, di lavorare, e poi averle imposto lavori domestici e vietato di uscire da sola, oltre a schiaffi e prese per i capelli da parte della matrigna.
La giovane vittima (non si è costituita parte civile) aveva raccontato un ulteriore dettaglio tragico, ovvero che la madre naturale morì quando lei aveva un anno, a suo dire per mano di altri: in particolare ha riferito di aver sentito una telefonata tra un cugino che abita in Arabia Saudita e i genitori in cui si diceva che la sua mamma biologica sarebbe stata uccisa dallo zio, cioè dal padre dell’uomo che le hanno fatto sposare. Il padre e la moglie sono assistiti rispettivamente dagli avvocati Mario Di Frenna e Lucia Larocca. Le difese hanno chiesto in primo luogo l’assoluzione, sostenendo che seppur vi fosse qualche effettivo problema di libertà della figlia, non vi fosse dolo.
A detta dei legali, mancava la volontà effettiva di maltrattare la ragazza: "I genitori avevano un intento protettivo nei confronti della figlia, che voleva avere più libertà, e hanno agito in base alla cultura originaria di appartenenza". In subordine hanno domandato il minimo della pena, le generiche e la pena sospesa subordinata a un percorso antiviolenza, che loro hanno già iniziato. Entrambi sono sottoposti al divieto di avvicinamento alla figlia: in passato lei era rientrata a casa di sua spontanea volontà per rivederli, rimanendo con loro tre giorni, fatto di cui la coppia stessa aveva informato i carabinieri. "Loro dicono di essere disposti a riavvicinarsi, se la figlia lo volesse, altrimenti rispetteranno la sua volontà - dichiarano gli avvocati Di Frenna e Larocca -. Dopo la lettura delle motivazioni, che saranno depositate entro 30 giorni, valuteremo se impugnare la sentenza".
Alessandra Codeluppi