Fare scuola nel bosco "Non ci sono voti e pagelle Qui si impara dalla natura E stare all’aperto fa bene"

Mascia Prodi, coordinatrice del progetto ’Tana Libera tutti’ a Rondinara: "È più difficile per i genitori l’idea di stare fuori, loro vanno accompagnati. Ma anche nella ’statale’ forse si sta capendo che c’è bisogno di miglioramento". .

di Benedetta

Salsi

"Usiamo il motto degli scout: non esiste buono e cattivo tempo, ma solo buono e cattivo equipaggiamento".

Così la scuola si fa all’aperto, nel bosco o su prato. Se proprio il tempo fosse davvero ostile ci sono due tende: un tepee (la tenda conica, tipica abitazione degli Indiani delle praterie) o una iurta riscaldata (un’abitazione mobile adottata da molti popoli nomadi dell’Asia tra cui mongoli, kazaki e kirghisi) in cui ripararsi. È una delle declinazioni dell’istruzione parentale (scuola dell’obbligo, per intenderci), che abbraccia le linee guida montessoriane o steineriane, ma soprattutto con un tratto comune: stare a contatto con la natura, in ogni stagione. Non solo asili, dunque. Ma anche elementari.

Anche nella nostra provincia esistono realtà di questo tipo; non troppo conosciute forse ("non cerchiamo pubblicità", dicono tutti), anche a causa di una certa diffidenza mostrata dal sistema scolastico ’tradizionale’. Una di quelle storiche è ’Educare nel Bosco’ di Pecorile (nel territorio di Casina). Mascia Prodi, 47 anni, geometra, con un passato nel mondo informatico e nella gestione di rifugi in montagna, invece è coordinatrice del progetto ’Tana libera tutti’, che fa capo alla cooperativa Nefesh (realtà presente sul territorio da oltre 45 anni) e che opera nell’area di Viano.

Mascia, com’è nato questo progetto?

"La fortuna ha voluto che si siano incontrate la storia di Nefesh e la mia. Gli insegnanti avevano bisogno di una base sociale e aziendale per fare scuola. Prima collaboravo con la realtà di Pecorile. Poi vedendo le richieste abbiamo aperto sul lato Regnano, Baiso, Scandiano".

La sua esperienza di madre ha influito?

"Assolutamente. Mio figlio, che oggi ha 8 anni, ha solo fatto bosco: lui è nato in montagna, è un vero bimbo del bosco. È stata una scelta personale, per me non aveva senso chiuderlo tra quattro mura".

Così nasce la vostra scuola.

"È in un terreno vicino al borgo di Rondinara, vicino al bosco, donato da un signore in comodato d’uso gratuito. Lo abbiamo colonizzato!", sorride.

Quanti bambini avete?

"Circa undici i piccoli dell’asilo, con due educatrici più tirocinanti. Come base per loro c’è la pedagogia nel bosco: comunicazione non violenta, sempre fuori (anche quando piove). Abbiamo un tepee: con temperatura molto rigida o pioggia intensa per qualche giorno si può usare come riparo. Deve essere un piacere stare fuori, non un disagio. E non restiamo mai bagnati, attraverso un buon equipaggiamento: cerate, termiche, calzamaglia, cuffie, guanti. È più difficile per i genitori l’idea dello stare all’aperto, sono loro che vanno accompagnati, anche con l’idea dell’essere liberi di sporcarsi. La quotidianità per noi è fluida, seguiamo l’onda del bambino, che sperimenta col corpo. Può disegnare con il fango, fare una passeggiata".

E alle elementari?

"Dodici bambini da 6 a 11 anni".

Ecco, parliamo dell’istruzione parentale: di certo una scelta affascinante, ma ancora controversa per molti. Come si svolgono le vostre giornate?

"Orario 8.30-13, da lunedì al venerdì. Non ci sono voti, pagelle, compiti. Non c’è ansia da prestazione. Abbiamo tre insegnanti: due in compresenza (o tre se ci sono bambini in difficoltà). Seguiamo le linee guida del Miur, i bimbi devono arrivare ad acquisire competenze. Magari ci arrivano in maniera diversa. Abbiamo una classe mista, con armadi e scaffali con varie competenze da esplorare. E non c’è mai una lezione frontale. Nello stesso terreno dell’asilo abbiamo una iurta coibentata e una stufa, dove i bimbi hanno i banchi (tavolini) dove stanno seduti. Noi usiamo la didattica montessoriana: i bimbi hanno la libera scelta su ciò che vogliono fare durante la giornata".

Sempre all’aperto?

"Sì. Anche i grandi stanno tantissimo fuori: mezz’ora di gioco libero, poi didattica, merenda, ancora gioco libero, didattica, laboratori oppure in giro tra il bosco, il borgo o passeggiate esplorative. Stanno più all’aperto che dentro".

È pericoloso?

"No, ma c’è il discorso del rischio (intrinseco nel progetto): inciampano, giocano con materiale naturale. Sono bravissimi, gli viene insegnato fin da piccolo a gestire gli spazi. I bimbi hanno il permesso di girare, hanno confini virtuali, ma gli viene insegnato che quando si allontanano lo devono dire. C’è una base di fiducia. In più non si ammalano, stare al freddo migliora tutte le difese immunitarie. Ti ammali se ti raffreddi, se sei equipaggiato male. Ma se sei adeguatamente vestito non ci si ammala. Durante il Covid da noi non si è ammalato nessuno. Non circolavano i germi".

Come si verifica l’apprendimento?

"Alla fine dell’anno hanno un esame da sostenere. Quindi gli insegnanti accompagnano il bambino nelle materie carenti. Lavoriamo tantissimo sull’autonomia. Cerchiamo di far sì che i bimbi siano autonomi".

Dove si svolge questo esame?

"Alla scuola Novalis Open, a Brescia. È aperta a più metodi di insegnamento: steineriano, montessoriano... Dobbiamo portare il diario di bordo su quanto fatto durante l’anno".

Come vi sostenete?

"Una retta mensile 280 euro. Nessun altro contributo. Perché ci auto-finanziamo facendo mercatini, cene. Noi abbiamo libri di testo: solo materiali auto-costruiti o libri comuni. Ma, ovvio, siamo sempre alla ricerca di donazioni".

Riguardo chi vi guarda con diffidenza?

"Il Covid ha fatto capire tante cose, ma anche nella scuola statale forse si sta capendo che c’è bisogno di miglioramento. I bimbi che arrivano da noi dalla dalla statale, dalla steineriana o da altre realtà del territorio ci dicono: ’È un sogno questa scuola’".