Farmabusiness e il nipote del boss "Si propose e gestì tutto l’affare"

Le motivazioni della sentenza su Salvatore Grande Aracri, condannato a 11 anni e 4 mesi in febbraio "Era ’il commercialista’, cioè chi ha potere mafioso. Si offrì come capro espiatorio per coprire Nicolino"

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di Alessandra Codeluppi

"È stato lui a proporre alla cosca, adattandola alla realtà mafiosa, il progetto del consorzio farmaceutico. E sarà poi lui a seguire, seppur parzialmente dietro le quinte, anche le fasi esecutive. Era il dominus dell’affare". È quanto scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza ‘Farmabusiness’, emessa il 19 febbraio a Catanzaro, che vede Salvatore Grande Aracri, 42enne di Brescello, condannato in primo grado, all’esito del rito abbreviato, a 11 anni e 4 mesi per associazione mafiosa, con il ruolo riqualificato in partecipe.

Lui, nipote del boss Nicolino Grande Aracri, è anche a processo in ‘Grimilde’, rito abbreviato, in Appello, dopo la condanna a 20 anni per 416 bis. Stessa pena, 11 anni e 4 mesi in ‘Farmabusiness’, anche per il 33enne Francesco Salvatore Romano, artigiano che abitava a Cadelbosco: secondo gli inquirenti "coordinava la cosca durante la detenzione del suocero Ernesto Grande Aracri", e deteneva una pluralità di armi clandestine trovate a Cutro dentro un trattore. Il gup ha inflitto 10 anni e 8 mesi a Giuseppe Ciampà, 44enne trasferito a Cutro nel 2010 dopo aver vissuto a Brescello, accusato di accaparrarsi i lavori e di ricorrere a fatturazioni false.

Secondo la Dda di Catanzaro, Salvatore Grande Aracri avrebbe controllato l’intero business del consorzio di farmacie ‘Farma Italia e delle parafarmacie ‘Farmaeko’, poi fallite, e attribuito in modo fittizio i capitali. Non ha invece retto, in primo grado, la tesi accusatoria secondo cui Domenico Tallini, ex assessore regionale della Calabria, sarebbe stato il politico referente di Grande Aracri e della cosca per espandere l’affare delle farmacie: è stato assolto "perché il fatto non sussiste".

Sul 42enne brescellese, il giudice evidenzia come "all’inizio la sua figura sia tenuta riservata. Soltanto dopo il giugno 2015, dopo la costituzione di ‘Farmaeko’ e i numerosi cantieri aperti, sarà più visibile". Si cita un’intercettazione a carico di Domenico Scozzafava, 40enne considerato garante del presunto appoggio di Tallini all’affare, in cui chiama il 42enne ‘commercialista’.

"Scozzafava intendeva indicare un uomo dotato di potere mafioso, in grado di indirizzarlo, così come quando si riferisce anche al padre Francesco Grande Aracri". Al vaglio anche un summit, tenuto il 7 giugno 2014, nella tavernetta della casa di Nicolino Grande Aracri a Cutro, per discutere dell’affare: "Salvatore si comporta da pari rispetto agli altri. E si offrirà lui stesso come capro espiatorio per mettere al riparo il boss da ulteriori mandati di cattura". Dalle conversazioni emerge come il 42enne si occupasse anche dello sviluppo dei punti vendita ‘Farmaeko’, portato avanti in Calabria e altre regioni: "Dopo due soli anni di attività, nel 2017, Farmaeko portò i libri al tribunale di Catanzaro, che nel 2018 dichiarò il fallimento".

"Tale esito - si sottolinea - non deve apparire contrastante con le mire dei Grande Aracri, ma in linea, laddove sono riusciti a usare il progetto per riciclare denaro, raccogliere immediati proventi e poi abbandonare quello che loro stessi, in taverna, definirono ‘il giocattolo’". Si rileva che "pur essendo in apparenza un semplice falegname di Brescello, lui trattava affari milionari con uno svizzero" per costruire villette, prospettando un guadagno di 8 milioni di franchi. "Lui incarnava il modello imprenditoriale che, dopo i duri colpi inferti dalle operazioni di polizia, la ‘ndrangheta ha voluto adottare".