
Processo chiuso con un nulla di fatto, ieri in Tribunale a Reggio, per intervenuta prescrizione dei reati. Tre reggiani...
Processo chiuso con un nulla di fatto, ieri in Tribunale a Reggio, per intervenuta prescrizione dei reati. Tre reggiani erano accusati a vario titolo di aver emesso fatture per operazioni inesistenti, averle utilizzate per frodare il fisco e di aver riciclato il denaro così illecitamente guadagnato.
Tra loro c’era Dante Sestito, 73 anni, cutrese residente a Cadelbosco Sopra (nella foto), condannato a 26 anni per aver ucciso a colpi di pistola il giovane Salvatore Silipo, avvenuto nel capannone dell’autofficina ’Dante gomme’, a Cadelbosco, il 23 ottobre 2021.
I fatti contestati risalivano al biennio 2011-’12: troppo tempo è passato, e la Giustizia ha obbligato la Procura di Reggio a gettare la spugna per un caso simile a quelli, che negli ultimi anni, sono stati oggetto di numerose operazioni della Guardia di Finanza relativi a società "cartiere" che producono a chili false fatture per consentire ad imprenditori spregiudicati di abbattere l’imponibile.
Tra gli imputati - difesi in aula dall’avvocato Paolo Bertolozzi - c’era l’imprenditore Luigi Ranieri, 45 anni, di Cutro ma residente a Reggio città, titolare dell’impresa individuale omonima che era accusato di non aver presentato la dichiarazione Iva del 2012, con un’imposta evasa pari a 104mila euro. E di avere, nella stessa veste, emesso fatture per operazioni inesistenti verso quattro società con sede tra l’Emilia e Cutro, con imponibili da decine di migliaia di euro e relativa Iva.
Il secondo imputato era appunto l’anziano Sestito che, come amministratore unico e legale rappresentante della società Multy SD srl, si sarebbe avvalso di 5 fatture per operazioni inesistenti, dell’ammontare complessivo di 85mila euro di imponibile, e relativa Imposta sul valore aggiunto. Nelle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2011 e nel 2012 avrebbe dunque indicato elementi di passivi fittizi per oltre 87mila euro.
Infine, vi era la moglie del Ranieri, la 39enne Giuseppina Benvenuto, accusata di aver riciclaggio (reato non prescritto) denaro negoziando due assegni emessi dal coniuge, ritirando in banca due assegni per un totale di circa 30mila euro. Nel suo caso il reato è stato derubricato dal collegio giudicante in ricettazione, e perciò prescritto; la difesa ha sostenuto che la donna si era limitata ad incassare gli assegni, senza sapere a quali attività si riferissero. Uno dei due assegni contestati era stato emesso a favore della società sportiva dilettantistica Rugby Colorno, per dei lavori di movimento terra che l’accusa considerava "oggettivamente inesistenti".
Francesca Chilloni