"Un figlio dal mio compagno morto. Lo abbiamo tanto desiderato insieme"

In due mesi ha il via libera all’impianto dell’embrione congelato

Una donna di 35 anni proverà ad avere un figlio dal compagno morto di tumore dopo una battaglia legale di due mes

Una donna di 35 anni proverà ad avere un figlio dal compagno morto di tumore dopo una battaglia legale di due mes

Reggio Emilia, 18 aprile 2015 - QUANDO l’amore dura per sempre. Una sentenza del tribunale di Reggio Emilia ha dato il via libera ad una donna, in tempi rapidissimi, all’impianto di un embrione congelato prima che il compagno morisse. Si tratta del secondo caso in Italia, (dopo una prima sentenza di Bologna) che non mancherà di riaccendere il dibattito etico legato alla ‘vita’ dell’embrione, assunto sul quale si basa la decisione del giudice reggiano. «Nell’ipotesi di embrioni crioconservati – si legge nella sentenza –, ottenuti con consenso di entrambi i componenti della coppia, di cui uno successivamente sia deceduto, gli articoli (...) non costituiscono limite alla esplicazione del diritto della donna ad ottenere il trasferimento degli embrioni». Le avvocatesse modenesi Antonella Orlandi e Giovanna Zanolini, attraverso un provvedimento d’urgenza legato ‘all’orologio biologico’ della donna, hanno ottenuto l’ok dal tribunale in due mesi. Diverso il caso bolognese, dove l’autorizzazione all’impianto di embrioni congelati 19 anni prima, è arrivato dopo 4 anni.

 ERA SICURA di poter portare avanti il suo sogno, quello di provare ad avere un bambino dal suo compagno scomparso prematuramente e nella sua mente l’idea non ha mai vacillato un istante. Ora la donna, 35 anni, potrà impiantare nel suo grembo l’embrione concepito in laboratorio quando il marito era ancora in vita. E’ il secondo caso in Italia dopo l’entrata in vigore della legge 40 sulla procreazione assistita del 2004.

Cosa ha provato quando le hanno comunicato che poteva procedere con l’inseminazione?

«Sono sempre stata ottimista e lo sono anche adesso. A maggio i medici del Santa Maria Nuova di Reggio Emilia mi impianteranno l’unico embrione che mi è rimasto, dopo due precedenti tentativi falliti. So che questa è la volta buona, perché lui mi è accanto».

Quando vi eravate conosciuti?

«A febbraio del 2002 in un bar e da allora non ci eravamo più lasciati, fino alla sua morte. Abbiamo cercato dopo poco un figlio, ma non arrivava. Così, nel 2010, ci siamo rivolti all’equipe dell’ospedale del Santa Maria Nuova di Reggio Emilia ed abbiamo iniziato l’iter della procreazione assistita».

Quando avete scoperto la sua malattia?

«Nell’inverno dello scorso anno ci comunicarono che lui aveva il cancro ai polmoni, purtroppo in fase terminale. E’ morto in estate, a 48 anni».

Avevate parlato dell’ipotesi di un ultimo tentativo?

«Sì, il mio compagno mi disse che avrebbe voluto lasciarmi questa parte di lui, perché avere un figlio insieme era il nostro desiderio più grande».

Però aveva ricevuto parere negativo dall’ospedale?

«Subito dopo la sua morte ho chiesto ingenutamente di poter iniziare subito l’iter, ma mi è stato detto che era necessario il consenso di entrambi i genitori. Sono stati i medici stessi a consigliarmi di rivolgermi ad un legale».

Temeva di non riuscire a farcela?

«In realtà le avvocatesse, vista la delicata situazione, temevano tempi lunghi, soprattutto perché si tratta di un tema dibattuto da anni, ma abbiamo lottato insieme e ce l’abbiamo fatta, anche perchè il giudice ha valutato il lato umano della vicenda».

E’ già andata in ospedale col decreto?

«Ho già chiamato i medici e fissato per lo ‘scongelamento’ dell’embrione a maggio. Sto iniziando ora il protocollo».

Cosa le hanno detto i suoi parenti e quelli del suo compagno?

«Che ho fatto la scelta giusta, perché so che questa è la cosa giusta da fare».