Bibbiano, Foti libero. Esaurito l’obbligo di dimora

L’avvocato dello psicoterapeuta torinese : "Questo avviso di fine indagine è un errore clamoroso, anzi è un accanimento"

Lo psicoterapeuta Claudio Foti, direttore del centro Hansel e Gretel finito nella bufera

Lo psicoterapeuta Claudio Foti, direttore del centro Hansel e Gretel finito nella bufera

Reggio Emilia, 17 gennaio 2019 - «Quest’avviso di fine indagini a Claudio Foti rappresenta un errore clamoroso. Anzi, un accanimento». L’avvocato Andrea Coffari, che difende il fondatore del centro ‘Hansel e Gretel’ - lo psicologo indagato per frode processuale, lesioni personali aggravate e abuso d’ufficio - attacca la Procura alla vigilia di una svolta nel percorso giudiziario del suo assistito. Da oggi, infatti, Foti torna a piede libero a seguito della scadenza della misura dell’obbligo di dimora a Pinerolo (Torino), disposta per lui dal Riesame dopo un periodo agli arresti domiciliari. Resta in vigore il divieto di esercitare la professione sui minori per sei mesi, scattato per lui in dicembre.

«Prima che Foti consegnasse alla Procura i video sulle sedute di psicoterapia alla ragazza, i sospetti potevano essere giustificati – afferma l’avvocato Coffari –. Ma ora siamo di fronte a una persecuzione ideologica». Il legale si scaglia soprattutto contro la ricostruzione fatta dal consulente tecnico della Procura, «del tutto priva di oggettività». Per gli inquirenti, Foti avrebbe sottoposto la minore a sedute «serrate e con modalità suggestive e suggerenti, convincendola di essere stata abusata dal padre e dal socio, radicando in lei un netto rifiuto nell’incontrare il genitore, che venne dichiarato decaduto dalla patria potestà nell’ottobre 2017 dal tribunale dei minorenni». Metodi che, secondo gli inquirenti, avrebbero procurato in lei - per questo capo d’imputazione in concorso con l’assistente sociale Francesco Monopoli e la psicologa Imelda Bonaretti - «un disturbo di personalità borderline e depressivo con ansia». 

Coffari racconta un’altra versione: «Fu il tribunale dei minori a ordinare nel 2015 la psicoterapia. Si parlava di due abusi: uno risalente all’infanzia da parte del padre, voce che in famiglia circolava da anni; l’altro in tempi successivi, a opera di un fidanzatino. Foti ebbe un colloquio anche con la madre, che confermò. Ne parlò anche la psicologa Imelda Bonaretti, che li dava per scontati, ed erano nero su bianco pure nelle relazioni dei servizi sociali. Ora il consulente della Procura contesta a Foti che gli abusi non erano certificati da una sentenza in giudicato. Ma cos’avrebbe dovuto fare Foti? Durante i colloqui la stessa ragazza aveva detto: ‘La mia vita non vale niente’, come testimoniano anche i video delle sedute, e aveva espresso il timore che anche la sorella fosse violentata dal padre. Foti non ha mai suggerito nulla: anzi, quando capì dai colloqui che il comportamento del fidanzatino non configurava abusi, ma solo una mancanza di rispetto, ridimensionò il quadro iniziale».

E conclude: «Lui, che da trent’anni si batte contro gli abusi sui minori, è stato criminalizzato come un mostro. Ed è una vittima». Coffari sta raccogliendo una serie di relazioni «di autorevoli esperti e professori» a sostegno del metodo Foti. E, bypassando i venti giorni utili per convincere la Procura, rimanda le prossime mosse difensive «davanti al giudice per l’udienza preliminare».