Furti in casa, un affare di famiglia

Padre e figlio, in carcere a La Spezia, avrebbero agito in coppia nel Reggiano. Ieri l’interrogatorio di garanzia

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di Alessandra Codeluppi

Parenti stretti, e non solo: padre e figlio sarebbero risultati indivisibili anche mentre mettevano a segno i furti nelle case della nostra provincia.

Approda al tribunale di Reggio il filone che li riguarda dell’inchiesta ‘Settimo comandamento’, condotta dai carabinieri della Spezia su una banda di sinti che nell’ultimo decennio avrebbero commesso un centinaio di colpi e truffe agli anziani, imperversando tra la Liguria, la Toscana, la Lombardia e anche l’Emilia.

Tra i reati contestati, c’è l’associazione a delinquere. Durante l’udienza celebrata mercoledì nel tribunale della Spezia, il pm ha ridotto a 21 le 50 accuse iniziali a carico degli imputati e poi il giudice ha dichiarato l’incompetenza territoriale per i colpi avvenuti fuori provincia: così le posizioni di Michele e Roberto Riviera, padre e figlio residenti ad Ameglia, detenuti nel carcere spezzino, sono state stralciate e trasmesse al tribunale reggiano.

Ai due è contestata una sfilza di furti messi a segno tra fine novembre-metà dicembre 2019, avvenuti anche nella nostra provincia.

Gi inquirenti inquadrano il padre, un uomo sulla sessantina, e il figlio quarantenne, come partecipi dell’associazione a delinquere: al primo addebitano otto colpi e al secondo sette. Tre sono i furti in casa avvenuti nella nostra provincia, mentre i restanti in altre città emiliane e fuori dai confini regionali.

A incastrarli sarebbero, tra le altre, anche alcune intercettazioni ambientali: dalle cimici installate sulle auto i carabinieri hanno, infatti, ricondotto a loro la responsabilità dei colpi.

A seguito del passaggio di competenze a Reggio, i due sono stati sottoposti ieri all’interrogatorio di garanzia davanti al giudice Dario De Luca (foto).

Videocollegati dal carcere, padre e figlio, tutelati dall’avvocato Liborio Cataliotti, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La difesa aveva già chiesto in passato, nell’ambito del procedimento penale ligure, l’alleggerimento della misura restrittiva, e punta a smontare innanzitutto l’accusa più grave, cioè l’associazione a delinquere per loro ipotizzata.

A Reggio il giudice De Luca ha riconfermato per entrambi il provvedimento cautelare scattato a seguito dell’operazione spezzina. Da quanto emerso dall’indagine, i due avrebbero agito sempre in coppia durante i furti. A Roberto Riviera è anche contestata una delle tante truffe agli anziani emerse dall’inchiesta, che sarebbe avvenuta nel Pisano con il classico pretesto di presentarsi come tecnici che devono fare un controllo.