È morto Gaudio, artista del dialetto

L’istrionico artista Catellani si è spento dopo una malattia all’età di 66 anni

IRONICO Gaudio Catellani durante uno spettacolo

IRONICO Gaudio Catellani durante uno spettacolo

«GAUDIO Catellani l’é ste ‘n artésta nasû a Sân Mavrési, ed Rèz, al 12 lój dal 1952. Dôp ch’ al ‘s é spuşê l’é andê a stêr a Viadâna. Purtrop l’è mort al 27 de snèr dal 2019».

La sua biografia, non poteva essere altrimenti, è scritta rigorosamente in dialetto. E sempre in dialetto, in quel suo dialetto perfetto, dissacrante e chirurgico – imparato nelle stradine polverose di San Maurizio, nella sua Grastela –, c’è anche l’ultima, dolorosissima, informazione. Si è spento nelle scorse ore, a 66 anni, Gaudio Catellani, istrionico maestro della vita contadina reggiana. Aveva 66 anni e negli ultimi tempi aveva lottato come un leone contro una brutta malattia; con quel suo carattere schietto come il lambrusco; lui, che non le ha mai mandate a dire.

Gaudio, per chi ha attraversato gli ultimi decenni in questa terra sincera, è di quelli che non si dimenticano. Uno capace di usare il nostro dialetto come un fioretto o come la spada; impresso nelle orecchie e nei cuori di una generazione, oggi trentenne, che con quelle sue poesie di vita popolare c’è cresciuta.

Poeta, scrittore, cantante, compositore, musicista. «Artésta bòun ed fêr tót», si legge in quella pagina piena di ironia. Ed era proprio così.

Dalla poesia alla vignettistica, dalla satira alla musica, dalla barzelletta alla filosofia contadina.

La sua carriera inizia nel 1981 e, da subito, inanella premi e riconoscimenti.

Un artista ruspante, che con il mitico Trietto raggiunge l’apice della sua produzione dissacrante.

La formazione, composta da Catellani con Dante Cigarini e Luigi Melloni, ha calcato i palchi di ogni sagra, portando quelle loro canzoni appassionate – se ne contano almeno 450, con 18 album – alle orecchie di ogni reggiano.

Gaudio – che dopo essersi sposato con il suo pirulin si era trasferito a Viadana – non ha mai abbandonato la reggianità; ha tradotto in vernacolo le strade di questo paesone. Ha raccontato i primi amori, la goffaggine dei parvenu, la politica; ha saputo sdrammatizzare le più grandi tragedie della storia, la religione, passando attraverso filastrocche irresistibili o ritornelli che sono diventati tormentoni.

Tutto ciò che condiva il nostro quotidiano, lui lo trasformava in versi.

«Se ho fatto più di 400 canzoni senza sapere cosa sia un ‘do’ qualcosa di geniale ce l’avrò anch’io... », raccontava al Carlino nel 2015 in una delle sue ultime tournée in provincia. «Ma il successo è una brutta bestia: quando ce l’hai stai bene, quando ti abbandona diventa un nemico. Io la prendo come viene e nel mio piccolo mi sono permesso anche di dire di ‘no’ a della gente che mi stava proprio lì... Dove non ci si può fare niente», sorrideva.

Gaudio Catellani si è spento tra l’affetto della sua famiglia. Il funerale si svolgerà martedì alle 15, partendo dalla camera mortuaria della casa di riposo di Viadana per il cimitero locale.

Ciao, Gaudio. «La vèta l’è na giostra, lasomla pôr girér».