REDAZIONE REGGIO EMILIA

Giovani detenuti sul palco. Il concerto rap in carcere

Con parole di consapevolezza e rinascita, i ragazzi raccontano la loro verità. Ieri lo spettacolo in via Settembrini: "La richiesta è arrivata proprio da loro".

I giovani detenuti saliti ieri sul palco di via Settembrini per il concerto

I giovani detenuti saliti ieri sul palco di via Settembrini per il concerto

"Le persone sbagliano ma poi vogliono ripartire, per far sapere al mondo che qua dentro si può rifiorire". È una delle frasi scritte e cantate dai giovani detenuti degli istituti penali di Reggio Emilia, protagonisti ieri marrina di un evento speciale: un concerto rap organizzato nel cortile del carcere minorile di via Settembrini.

Un’occasione intensa di espressione artistica e umana, nata all’interno del progetto ’Rap: rime, amore, poesia’, laboratorio musicale che ha coinvolto diversi ragazzi in un percorso di scrittura creativa, produzione musicale e confronto. Un modo per raccontarsi, per riflettere e per trasformare la propria esperienza in arte.

L’iniziativa, realizzata in occasione della Giornata nazionale della Festa della Musica, è frutto della collaborazione tra la direzione degli Istituti Penali di Reggio, l’amministrazione comunale e la cooperativa sociale Giro del Cielo. Il laboratorio si inserisce nel progetto Territori per il Reinserimento, finanziato dalla Cassa delle Ammende e dalla Regione Emilia-Romagna.

Nei mesi scorsi, i giovani detenuti hanno preso parte a un percorso educativo fondato sulla musica rap e trap, generi capaci di parlare in modo diretto del loro vissuto. Dalle prime rime alla realizzazione di brani completi con basi originali, i partecipanti hanno man mano costruito uno spazio di condivisione e crescita personale.

Il concerto ha rappresentato la tappa conclusiva di questo viaggio creativo. Testi forti, carichi di emozione e consapevolezza, sono stati eseguiti davanti a un pubblico interno al carcere, con l’energia e il coraggio di chi ha scelto di raccontare la propria verità.

"Com’è che io sono diventato tutto ciò che ho sempre odiato?": è un’altra delle rime che ha colpito i presenti al concerto. Frasi che nascono da esperienze dure, ma che parlano anche di speranza, di voglia di riscatto e di futuro.

"La richiesta, arrivata direttamente da alcuni ragazzi detenuti, ci ha spinti a immaginare percorsi nuovi e coinvolgenti – ha spiegato Annalisa Rabitti, assessora alla Cura delle persone –. Il tempo detentivo può diventare un momento per riflettere e rielaborare il proprio vissuto, un’occasione per attivare passioni e costruire nuove strade. Offrire uno spazio in cui i giovani possano esprimersi e sentirsi protagonisti è fondamentale in un percorso educativo e riabilitativo. Per raggiungerli, servono linguaggi che parlino davvero a loro".

La musica, dunque, come mezzo di espressione e rinascita. In un contesto spesso segnato dal silenzio e dall’isolamento, le parole dei ragazzi hanno risuonato forti e chiare. Il carcere si è trasformato per un giorno in un palcoscenico di creatività, dove le ferite si sono fatte voce e le parole speranza.