Ora a Seoul con una mostra improntata sulle relazioni, un tema molto sentito in questo periodo di frammentazione sociale, il reggiano Giuseppe Vitale, 41 anni, è da un po’ di tempo in Corea, dopo una prima volta nel 2017 da atelierista quando conobbe i coniugi Hwang, con cui cominciò a collaborare da subito. Nasceva in quegli anni la società Dana-Play e gli Hwang gli chiesero di diventare chief designer per la loro azienda. Giuseppe festeggia dunque la prima personale in Corea, all’Hangaram Museum-Seoul Arts Center nel quartiere Gangnam, organizzata da Dana-Play. "Ho progettato insieme al Ceo Hwang Doo Hyun diversi giochi per l’infanzia e complementi d’arredo – spiega – Sono autore e illustratore di libri per l’infanzia e alcuni sono stati pubblicati in Corea".
Che cos’è Dana-Play?
"Un’azienda coreana con sede a Yongin che produce giochi e complementi d’arredo per scuole e famiglie, improntata su sviluppo cognitivo e creatività. Il Ceo Hwang Doo Hyun è il principale progettista e la moglie Song Hae Young si occupa della consulenza pedagogica".
Quando ha scelto di abbracciare il mondo dei libri per l’infanzia?
"Disegno da quando ho imparato a prendere in mano un pastello, è un modo per toccare le cose con gli occhi. Disegnare è raccontare storie in silenzio. Per me il pubblico dell’infanzia va avvicinato con delicatezza e a bassa voce. Tutti quelli che comunicano con quel mondo dovrebbero farlo con responsabilità e gioia. Io ci provo perché mi piace vivere il mondo con gentilezza e non faccio fatica con i piccoli".
La Corea è un mercato fiorente?
"Credo di sì, non sono un esperto. Sono più interessato alle persone e al messaggio che posso portare loro. In questi giorni ho incontrato centinaia di famiglie e bambini, incrociato tanti occhi. Stupore, domande, discussioni e tanti inchini. Le persone sono capaci di leggere i miei disegni così come sono, semplici e profondi. La Corea sta avendo un impatto sempre più forte, specie sui giovani, in termini di immagine e canoni estetici. E forse sì, è un mercato in crescita, sicuramente aperto e curioso. Sento che c’è fame di cultura anche nelle nuove generazioni, hanno una tradizione letteraria e artistica millenaria, per certi versi somiglia all’Italia".
La Corea è un Paese in espansione, con fenomeni come il K-Pop e la K-Culture che fanno numeri e consensi stratosferici. Cosa apprezzano di lei?
"Conosco da anni la famiglia Hwang e mi hanno accolto subito con affetto, e dal giorno del mio arrivo è stato amore a prima vista per la Corea. Il collegamento coi coreani per me è la cucina, io adoro il loro cibo ed è obiettivamente strano... è motivo di orgoglio per loro e si stupiscono sempre. Già gira voce che sia mezzo coreano e con un po’ di innocente presunzione dico loro che so cucinare alcuni loro piatti tradizionali, il kimchi e persino bevande fermentate. Dagli Hwang cucino la carbonara e scherziamo sulla qualità del caffè o di quanto possa trovare assurdo mangiare pesce a colazione. Conoscere significa avvicinarsi, trovare punti in comune e comprendere col sorriso le differenze.
Tornando a Reggio, ha aderito all’iniziativa dei segnalibri per la libreria del Teatro.
"Credo fortemente nel sostegno delle piccole realtà che portano avanti il loro lavoro con passione. Ne abbiamo bisogno".
Può dirci qualcosa della sua esperienza nella formazione educativa nella fascia 0-6 anni ?
"Ho studiato Storia dell’Arte Medievale, Pedagogia dell’immagine per l’infanzia e svolto il master per atelierista a Reggio Children. Ho lavorato da atelierista per l’azienda servizi Bassa Reggiana per dieci anni e ora mi occupo di formazione in scuole di diverso grado in Italia e all’estero. Faccio questo lavoro per ‘dispetto’, a causa di esperienze scolastiche che non mi hanno rappresentato e sostenuto. La mia passione mi ha salvato, l’arte non è solo bellezza, è benessere e sviluppo personale. Mi piace comunicare questo alle nuove generazioni, perché diceva Rodari la fantasia non ci rende tutti artisti, ma schiavi di nessuno".