
Oggi a Correggio la presentazione dell’opera di Caterina Zamboni Russia "Come possiamo accogliere e conservare l’eredità della Resistenza?".
di Lara Maria Ferrari Contesto migliore non poteva esserci, per Caterina Zamboni Russia (foto), che oggi presenterà il suo nuovo libro ‘L’Eterno Partigiano. Frammenti per un’epica della Liberazione’ (Compagnia editoriale Aliberti) al parco della Memoria di Correggio, per gli 80 anni della Liberazione. Alle 16 sono previsti musica live e un talk con l’autrice e il padre Massimo Zamboni (membro dei Cccp).
Caterina, può dirci la sua formazione e dove è nata? "All’Università ho fatto studi di Filosofia, rimanendo legata all’ambito della filosofia morale. Sono nata in una borgata d’Appennino, nel comune di Carpineti, 26 anni fa. È un territorio verso cui sento un forte legame, che si situa alle origini di questo libro, in cui parlo dell’idea di ’geografia dell’inapparenza’: assumersi il dovere di conoscere il proprio territorio attraverso ciò che al primo sguardo non appare. Vicende di cui raramente si parla".
Qual è il messaggio de ‘L’Eterno Partigiano’? "Il libro è il tentativo di confrontarsi con l’inevitabilità della scomparsa degli ultimi partigiani. È il ragionare su ciò che occorre ricordare di quella storia, sulle modalità con cui mantenere presente il suo luogo simbolico. Tutto si sviluppa attorno a una domanda in particolare, quella sulle modalità con cui conservare e accogliere l’eredità della Resistenza. E la risposta è di aprirsi a una dimensione più ampia della memoria, la dimensione dell’eternità, dell’Eterno Partigiano, delle nostre memorie personali e familiari, giungendo a una dilatazione della storia che sia capace di intrecciare il presente con il passato, con ogni passato di lotta e di resistenza".
Come valorizzare l’eredità della lotta partigiana? "Occorre accettare che la stagione della Resistenza si sta allontanando da noi in modo irrimediabile, gli ultimi testimoni stanno scomparendo e ogni anno che passa è un anno di lontananza ulteriore. Occorrono allora degli antidoti collettivi che permettano l’accettazione responsabile di quell’eredità. Credo che aprire la memoria della lotta partigiana a una dimensione ampia, eterna, possa essere una modalità per mantenere il ricordo di quelle vicende".
Quando ha sentito parlare per la prima volta dei partigiani e com’è maturata la decisione di scrivere questo libro? "Il libro è nato dall’incontro con il luogo in cui vivo: un incontro che mi ha dato l’occasione di riportare alla luce fatti storici che la quotidianità impedisce di notare, costruendo una personale geografia capace di portare con sé un significato morale, civile. Queste zone sono state attraversate dalla stagione della Resistenza, ogni famiglia e comunità ne è stata toccata, i ricordi personali si intrecciano e costruiscono una memoria radicata. Il libro nasce da questa urgenza del luogo, una ricostruzione lenta di un ricordare collettivo, una storia che si scopre come storia vissuta, umana, e dunque viva".