Grimilde, l’affare Oppido al centro della discussione in Appello

La maxitruffa da 248mila euro raccontata dal bancario. Giuseppe Fontana

Il processo di ‘ndrangheta ‘Grimilde’, nel filone del rito abbreviato in Appello, è proseguito ieri a Bologna con la discussione per gli imputati chiamati a rispondere del cosiddetto ‘affare Oppido’, uno dei più rilevanti addebitati alla cosca Grande Aracri, famiglia di stanza a Brescello. Si tratta della maxitruffa da due milioni e 248mila euro perpetrata attraverso una falsa sentenza - in apparenza emessa dal tribunale di Napoli - che trasse in inganno il ministero delle Infrastrutture. La cifra arrivò al conto della ditta Oppido di Cadelbosco, i cui titolari Gaetano e Domenico Oppido, padre e figlio, sono a processo con rito ordinario a Reggio.

Giuseppe Fontana, 47enne reggiano, funzionario di banca condannato in primo grado a 4 anni, ha reso dichiarazioni spontanee.

La difesa, affidata all’avvocato Liborio Cataliotti, ha chiesto che fosse esclusa l’aggravante mafiosa - caso in cui ricorrerebbe la prescrizione - perché non sarebbe stato consapevole di operare per la cosca.

Il procuratore reggente in Appello Lucia Musti e il pm della Dda hanno chiesto la conferma della pena per lui e gli altri presunti coinvolti di cui si è trattato ieri nell’affare ‘Oppido’: Renato De Simone, ex funzionario pubblico (4 anni), Alfonso Diletto (3 anni e 8 mesi), Giovanni Abramo (3 anni e 8 mesi), Nicolino Sarcone (3 anni e 8 mesi). al.cod.