Grimilde, tra il pentito e l’avvocato parte la lite

"Non si urla, siamo persone civili. Così non si può andare avanti". Durante il processo di ‘ndrangheta ‘Grimilde’, la presidente della Corte dei giudici Donatella Bove ha interrotto per cinque minuti l’udienza in cui si stava sentendo il collaboratore di giustizia Antonio Valerio. A un certo punto il controesame del pentito da parte dell’avvocato Antonio Piccolo, difensore di Gaetano e Domenico Oppido - padre e figlio di Cadelbosco, imputati con cui Valerio è imparentato - è degenerato in reciproci insulti. "Non faccia il bullo. Lei ha commesso omicidi", ha detto il legale. "Sì, ma io li ho confessati", ha ribattuto Valerio: lui, dietro il paravento, per un attimo è sembrato piangere. Al centro il cosiddetto ‘affare Oppido’, uno dei più rilevanti gestiti dalla cosca di ‘ndrangheta: 2 milioni e 248mila euro furono versati nel luglio 2010 dal Ministero al conto della società dei due uomini di Cadelbosco, tramite una sentenza del tribunale di Napoli, in realtà falsa. Secondo Valerio "fu proposto Oppido perché faceva parte dell’associazione mafiosa". E riferisce di una riunione nella sede dell’azienda Oppido a cui parteciparono mafiosi: "Io, Gaetano Blasco, Alfonso Diletto, con il benestare dei Sarcone, e i due Oppido". Motivo? "Discutere dei soldi che Domenico Oppido non voleva dare: lui ne aveva preso una parte e li aveva inviati in Portogallo". Piccolo ha contestato Valerio ricordando le dichiarazioni rese nel processo ‘Aemilia’: "Lei disse che Oppido fu forzato". "Andammo come sodali - replica Valerio –. Lui pensava di tenersi i soldi ma si sbagliava". Il pm della Dda Beatrice Ronchi ha poi chiesto un confronto ‘all’americana’. La Corte ha bocciato l’istanza di astensione del pm Ronchi presentata da Piccolo: Oppido aveva presentato una denuncia per estorsione nei confronti di Valerio, accusando la Dda di non darvi seguito.

Alessandra Codeluppi