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I bambini nella trappola Accuse di presunte violenze per non farli tornare a casa

Il meccanismo: quando un procedimento contro i genitori naturali stava per essere archiviato venivano inviate nuove relazioni alla procura. Il caso della psicologa vestita da lupo cattivo .

I bambini nella trappola Accuse di presunte violenze per non farli tornare a casa

Nei numeri ’fuori scala’ dei casi di bambini che erano stati collocati in affido familiare in Val d’Enza, ricorrevano delle coincidenze temporali che erano state ritenute non casuali da chi aveva indagato. Quando cioè i procedimenti a carico dei genitori naturali su presunti abusi e maltrattamenti si avviavano verso l’archiviazione, gli assistenti sociali e gli psicologi della “Hansel & Gretel” si attivavano per impedirlo e bloccare così il ritorno a casa dei bambini.

Come avrebbe funzionato questo meccanismo? Con relazioni tempestive che venivano inviate a Procura e Tribunale dei minori. Si trattava di testi che contenevano nuove dichiarazioni dei piccoli sulle ipotetiche violenze subite tra le mura familiari.

A raccontarlo è stato ieri il maresciallo dei Carabinieri Giuseppe Milano, nella nuova udienza del processo “Angeli e demoni” in corso a Reggio contro 17 imputati. Il testimone della Procura si è in particolare soffermato su una relazione scritta ad aprile 2018, tesa secondo l’accusa a “contrastare” una richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Reggio il mese precedente. Nel documento, riferito a un minore di 8 anni, si affermava ad esempio che, da quando aveva ripreso gli incontri protetti con la madre - in precedenza sospesi e poi di nuovo interrotti dal tribunale minorile - il bambino avrebbe manifestato malessere e aggressività con i compagni di scuola.

Stati d’animo, questi, rappresentati anche nel disegno di un “groviglio nero”, emerso durante una seduta con Nadia Bolognini, psicoterapeuta a capo della Hansel & Gretel con il marito Claudio Foti, che è stato condannato a quattro anni in rito abbreviato.

Nella relazione, il disegno era associato a sentimenti come “rabbia, dolore, caos, vergogna e schifo”.

Nella deposizione del maresciallo Milano sono quindi state approfondite le situazioni che si sono verificate durante alcune delle sedute effettuate da Bolognini nel centro “La cura” di Bibbiano, svolte secondo la Procura con modalità “suggestive” e indirizzate a far riaffiorare nei bambini il ricordo di abusi inesistenti.

Anche problemi banali del comportamento dei minori segnalati dai genitori affidatari, come il rifiuto a fare i compiti o una bestemmia durante una partita a pallone, sarebbero diventati per gli psicologi il sintomo di traumi a sfondo sessuale da rievocare.

Per farlo, secondo la ricostruzione della Procura, Bolognini utilizzava la cosiddetta “macchinetta dei ricordi” (attaccata ai piedi dei bambini) ma anche dei “giochi” di ruolo.

Per l’accusa si sarebbe infatti travestita “da lupo” e con dei teli sulla testa, per indurre un minore a “rivivere” le botte e gli atti sessuali che, secondo chi doveva aiutare il piccolo, sarebbe stato costretto a subire da parte del compagno della madre.

In questo modo la psicologa avrebbe voluto impersonificare il suo patrigno e portare il piccolo a convincersi, secondo l’accusa, di aver subito violenze. Una storia peraltro smentita dalla Procura stessa che, pochi mesi prima, aveva chiesto l’archiviazione per il patrigno e anche per la madre.

Secondo l’ipotesi accusatoria del pm Valentina Salvi, separare i bambini dai genitori avrebbe avuto come risultato la possibilità di alimentare le attività di psicoterapia nel centro pubblico ‘La Cura’ di Bibbiano.

Il tutto attraverso relazioni dei servizi sociali falsificate, dipingendo in modo negativo le famiglie, con la regia dell’ex responsabile Federica Anghinolfi. Bolognini è la moglie di Claudio Foti, pure lui psicologo, fondatore del centro ‘Hansel e Gretel’ di Torino, che faceva le sedute a Bibbiano.

al.cod.