"I lupi si travestirono da agnelli Così la mafia si radicò a Brescello"

Ferdinando Bianchini, 26 anni, si è laureato a Parma con una tesi sulla ’Ndrangheta nel suo paese "Il fenomeno si avviò negli anni ’80: mancò il riconoscimento da parte di popolazione e amministratori"

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di Alessandra Codeluppi

"Tra passato e presente c’è una sola differenza: ieri la ‘ndrangheta era ritenuta forza eversiva, oggi è sempre più governo del territorio. La sua potenza non è tanto in se stessa, quanto nella debolezza della politica, delle istituzioni e dell’economia che con essa hanno scelto di convivere".

Ferdinando Bianchini, 26 anni, abita da sempre a Brescello con la famiglia, la madre Tiziana Tavarelli, veterinaria dell’Ausl, e il padre Luigi Bianchini, in pensione.

Al suo paese il giovane ha scelto di dedicare la tesi della sua laurea triennale in Comunicazione e media contemporanei per le industrie creative, che ha discusso a Parma con relatore il professor Marco Deriu. Titolo ‘La mafia in Emilia. La ‘ndrangheta nella terra di Peppone e don Camillo’.

Tra i suoi progetti, "un master e poi la ricerca di un lavoro nell’ambito della comunicazione e organizzazione di eventi e mostre". Ma sta anche pensando se "trasformare la tesi in un libro". Dopo aver passato in rassegna la storia delle mafie, nella tesi il giovane si è soffermato sul caso Brescello.

"Dal punto di vista sociologico abbiamo indagato la percezione del fenomeno da parte della gente. Sono state riportate alcune interviste in cui si chiedeva alle persone come vedevano il fenomeno mafioso.

Emergono pareri contrastanti, in cui la maggior parte si mostrava inconsapevole (omertà, inconsapevolezza, paura o complicità?), altri più consapevoli". E ha scritto che le organizzazioni mafiose "sono ben radicate nei territori perché si configurano come uno schema socio-antropologico, tramandato di generazione in generazione".

Per Bianchini è fondamentale la conoscenza diffusa del fenomeno per poterlo contrastare: "Indubbiamente iniziative come convegni, corsi o seminari sono utili, e andrebbero estese anche alle scuole – scrive –. Così come agli Ordini e associazioni professionali, per fornire a tutti gli strumenti in modo da riconoscere le organizzazioni mafiose ed evitarle.

Sono molto efficaci anche le white list, che tendono a premiare le aziende che si comportano in modo conforme alla legge". Qual è l’idea che Bianchini si è fatto sul radicamento della ‘ndrangheta in paese?

"A Brescello l’espansione criminosa iniziò negli anni Ottanta, ma è mancato il riconoscimento della popolazione locale e dell’amministrazione pubblica. Attraverso appalti e assunzioni si è permesso che i rappresentanti della cosca prendessero potere – risponde –. Molti non hanno denunciato per paura o anche perché i mafiosi sapevano farsi benvolere sponsorizzando attività pubbliche: in pratica si sono travestiti da agnellini". La tesi include anche un’intervista all’ex consigliera comunale Catia Silva che fu vittima di minacce a Brescello per la sua attività antimafia, e gli ha fornito documenti: "Ho collaborato nel suo immenso lavoro poiché in lui ho visto la voglia di cercare la verità. Nella sua tesi Ferdinando mi ha ringraziato, ma sono io a ringraziare lui. I dieci anni in cui mi è stato buttato fango addosso non sono trascorsi invano. Ora finalmente – dice la stessa Catia Silva in riferimento al processo di ‘ndrangheta ‘Grimilde’ – qualcuno riesce a guardarsi allo specchio".