GIULIA BENEVENTI
Cronaca

I menu sono più salati Il ritocco dei ristoratori "Costretti dal caro vita ad aumentare i prezzi"

Lievitano i costi dei piatti e delle bevande (anche le più semplici). I gestori dei locali reggiani: "Inevitabile per il rialzo delle materie prime. Ma non ci stiamo facendo le budella d’oro, cerchiamo di restare a galla". .

I menu sono più salati  Il ritocco dei ristoratori  "Costretti dal caro vita  ad aumentare i prezzi"
I menu sono più salati Il ritocco dei ristoratori "Costretti dal caro vita ad aumentare i prezzi"

di Giulia Beneventi

Tra il caro bollette prima e il caro prezzi delle materie prima adesso, per tutti i locali dal bar al ristorante è stato inevitabile fare qualche ‘ritocco’ ai prezzi del menu.

"Abbiamo dovuto aumentare tutto, che fosse di 50 centesimi o 2 euro circa. E non lo facevo da anni – dice Marco Canuti del Gattaglio’s Pub –. Si cerca di stare sempre su cifre accettabili, ma su alcune proposte non c’è guadagno comunque". A pagare lo scotto del caro prezzi poi sono le proposte base, per permettere a quelle più elaborate di rimanere nella norma del momento storico. "Gli hamburger o le birre più semplici, per cui ancora si riusciva a tenere bassi i prezzi, ora sono aumentati – spiega –. Una classica bionda media non costa più 4 euro, per esempio, ma almeno così le altre tipologie di birra più particolari non arrivano a 7 o 8 euro. Si cerca di mantenere un equilibrio e i clienti lo notano, ma non puntano il dito, perché ovunque la situazione è la stessa".

"Il rincaro principale ci fu l’anno scorso, con la crisi energetica, che ora è parzialmente rientrata – dice Giovanni Brancatelli, titolare del ristorante Cacio&Pepe –. Ora l’aumento è folle nelle materie prime. Il cipollotto di Tropea arriva anche a 7-8 euro al chilo, più della carne di maiale, e questa è speculazione bella e buona. Se il contadino di base ha aumentato del 10-15%, perché sul mercato si va anche al 300-400% in più? Il pecorino romano Dop in epoca pre-guerra in Ucraina, che ha legittimato un innalzamento dei prezzi senza logica, era a 13 euro al chilo esattamente come il parmigiano. Ora è 19,80 al chilo, e il Parmigiano-Reggiano a 13,50 euro: è una follia che non si giustifica con nulla".

"Il mio spaghetto aglio e olio con qualche pomodorino giallo, un prodotto che ora può costare anche 8 euro al chilo, ho dovuto toglierlo dal menu. Perché che costasse più un aglio e olio che un’amatriciana non aveva senso – fa quindi un esempio –. L’unica strada da prendere, per noi, è rivedere la proposta e cercare di snellirla, o utilizzare materie prime meno impattanti sui costi". Circa sei mesi fa un primo piatto da Cacio&Pepe è passato da 11 a 12 euro, la doppia porzione da 15 a 16. Altra opzione è quella di "fare i piatti con già il contorno, così il costo viene controbilanciato dalla quantità del cibo. Perché pur nella crisi la gente spende, ma il budget è sempre quello. O ancora, ho preso il depuratore per l’acqua così è inclusa nel coperto".

Piccoli trucchetti, insomma, per non mangiarsi tutto l’utile e mantenere una clientela soddisfatta. "Ci sono costi ‘nascosti’ che difficilmente la clientela percepisce – spiega –. Vorrei anche fare un appello: noi ristoratori non ci stiamo facendo le budella d’oro, anzi, la verità è cerchiamo di restare a galla. Qualche cliente lo capisce, altri invece no, ma mi chiedo: di recente siete andati a fare la spesa al supermercato?".