
Danilo Morini, vicepresidente Associazione Cappelletto Reggiano, molti hanno puntato il dito sul fatto che il nuovo mercato coperto sia privo di tradizione. Voi siete gli unici.
"E siamo contenti di esserci".
Però resterete per poco: l’insegna è stata montata giusto per l’inaugurazione...
"Il nostro è uno spazio temporaneo. Abbiamo un piccolo calendario di eventi: ci saremo questo weekend e quello successivo. Per noi è un’occasione straordinaria, tante persone si sono fermate al nostro stand".
Ma se qualcuno volesse comprare i cappelletti, non può farlo...
"Noi facciamo show cooking per mostrare come si preparano i cappelletti dato che in casa se ne fanno sempre meno. Non siamo un’attività commerciale. Abbiamo creato il disciplinare e fatto un bellissimo percorso che ci ha portato al Deco, in collaborazione col Comune e in particolare con l’assessora Sidoli che ci è stata vicinissimo. Esistono luoghi in centro che li vendono e ristoranti che li fanno buonissimi. Sto vedendo tante persone che stanno affollando la galleria, per ora è una scelta premiata. È sempre il pubblico che giudica. E poi, tenere un luogo chiuso è brutto, quindi l’investimento e la scelta di riaprire va applaudita. Il percorso è ancora da costruire".
Intende a livello turistico?
"Anche. Il Comune lavorerà coi gestori del mercato coperto per mostrare altre eccellenze, dai cappelletti ai tortelli fino alla saba. Ce ne sono tante, noi non siamo l’unica associazione. Però non si faccia la lettura banale di pensare che questo luogo, da solo, possa cambiare le sorti del centro o del turismo. Devono cambiare mentalità e cultura".
A chi si riferisce?
"A noi reggiani. La ‘colpa’ è anche nostra. Perché andiamo fuori Reggio, in collina o in Appennino, a mangiare cappelletti? Perché in città sono pochissimi i ristoranti che li propongono, questa è la verità. Ma il Comune non può fare miracoli e nè imporre il menu. Le critiche sul mercato coperto ci stanno, ma pongo un quesito: i ristoranti reggiani sarebbero mai andati negli spazi del mercato? Nutro dubbi. E poi che avrebbero dovuto fare, trasferirsi tutti al mercato coperto, lasciando sguarnite zone del centro? Di certo non potevano sdoppiarsi".
C’è un modello da seguire?
"Mantova. Negli anni ’80 non ci andava più nessuno. Poi, con un grande lavoro di sistema sono risorti e oggi è una delle città più turistiche d’Italia. Ma serve tempo. Noi dobbiamo batterci, tutti insieme, comprese le associazioni di categoria, per un percorso di sedimentazione turistica".
dan. p.