MONICA ROSSI
Cronaca

Il corteo contro guerre e fascismo: "La democrazia è sotto attacco. Scendere in piazza è un dovere"

Oltre 400 in corteo per le celebrazioni. Il sindaco Massari: "Quando viene calpestato l’uomo, è giusto lottare". Fiaccadori (Anpi): "C’è bisogno di pace". I manifestanti pro-Palestina attaccano l’Ue: "Stop al genocidio".

Oltre 400 in corteo per le celebrazioni. Il sindaco Massari: "Quando viene calpestato l’uomo, è giusto lottare". Fiaccadori (Anpi): "C’è bisogno di pace". I manifestanti pro-Palestina attaccano l’Ue: "Stop al genocidio".

Oltre 400 in corteo per le celebrazioni. Il sindaco Massari: "Quando viene calpestato l’uomo, è giusto lottare". Fiaccadori (Anpi): "C’è bisogno di pace". I manifestanti pro-Palestina attaccano l’Ue: "Stop al genocidio".

"Noi la giornata del 25 aprile l‘associamo ad una festa, ma 80 anni fa i cecchini fascisti proprio da questa piazza sparavano ancora sulla folla. Tanti sono caduti ad un passo dalla libertà". Le parole del sindaco Marco Massari aprono, in piazza della Vittoria, le celebrazioni del 25 aprile, dopo la messa celebrata nella Basilica della Ghiara in suffragio dei Caduti, il corteo lungo la Via Emilia e la deposizione delle Corone ai monumenti alla Resistenza e ai Caduti di tutte le guerre. Una festa voluta "sobria" dal Governo ma che nella nostra città non si è discostata molto dalle solite celebrazioni. La Liberazione compie 80 anni di vita e di speranze, da quello storico e indimenticabile 24 aprile 1945, anni non semplici e scontati, vuoi per il periodo storico attuale, vuoi per le guerre ancora in corso e per la democrazia continuamente sotto attacco.

La città di Reggio Emilia ha risposto positivamente, aderendo al corteo (circa 400 persone a sfilare per le vie del centro) e condividendo le parole di chi ha parlato dal palco. Forse il concetto di "sobrio" è stato preso abbastanza alla lettera, a tal punto che, complici i negozi aperti, erano molti i cittadini più seduti ai tavolini dei bar o in giro con borse della spesa. In piazza c’è stato un minuto di silenzio iniziale per Papa Francesco, "ogni volta che viene calpestata la libertà di un uomo, si comincia a combattere".

Il sindaco ha citato le sue parole ad inizio discorso aggiungendo che "oggi festeggiamo gli 80 anni dalla fine del fascismo. 80 anni fa i reggiani festeggiavano e accoglievano i partigiani e le truppe alleate, pur avendo un dolore di oltre 600 reggiani caduti. La Resistenza ha dato una grande forza alla nascita della democrazia".

Un discorso che ha abbracciato diversi punti, partendo dalle ragioni che spinsero molti cittadini a diventare partigiani fino alla nascita della democrazia, quella democrazia che è sotto attacco ora, a causa di un eccesso di potere della ricchezza che considera il mondo come un potere da sfruttare".

Massari che, a fine discorso, ricordando la scorsa manifestazione antifascista di poche settimane fa, ha un pensiero anche per "Carlina Rinaldi che abbiamo salutato qualche giorno fa" tra i cittadini che non vogliono i fascisti a Reggio "il 25 aprile è una festa di tanti ma non di tutti, di chi continua a pensare che essere italiani significa essere antifascisti".

Parla il presidente dell’Anpi Ermete Fiaccadori in rappresentanza delle associazioni partigiane, mentre si alzano alcune contestazioni non tanto verso la sua persone, quanto verso l’Unione Europea, quando Fiaccadori dice: "Oggi è una giornata di pace e di liberazione ma oggi è un 25 aprile che non avremmo voluto festeggiare in queste condizioni di guerre". "Si chiama genocidio! Vergogna!", urlano a gran forza i ragazzi del Fronte Comunista e Assemblea Reggiana per la Palestina – mentre Fiaccadori parla – che "forte e alto deve essere il nostro appello per un cessate il fuoco, si devono fare parlare i negoziati e far tacere le armi". Uno stesso pensiero, due modi per esprimerlo. L’importante è sempre partecipare in modo democratico (e sobrio) per non lasciare fare e "non lasciare ‘aggruppare’ i nodi che poi solo la spada potrà tagliare o lasciare promulgare leggi che solo la rivolta potrà abrogare". Scriveva Antonio Gramsci, quanto mai attuale oggi.