Il crac del tessile rivive in un romanzo

Simone Cerlini pubblica “L’ora muta“, una storia di critica sociale che prende spunto dalla nostra terra e dalle sue macerie

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di Lara Maria Ferrari

"Una catena di eventi la avvicinò alla cabina di comando nel 2006 e tutto iniziò con una scelta avventata".

Questo è un romanzo che piacerebbe a Maurizio Landini. O lo farebbe infuriare. Si accenna infatti a un dissesto economico-finanziario che coinvolse il comparto del tessile in terra d’Emilia a cavallo degli anni Novanta-Duemila, ma è molto di più. E’ una critica sociale trasversale, rivolta a una generazione e a un’intera classe dirigente di un settore produttivo, che per mero profitto rischiò le sorti delle aziende attraverso avventate speculazioni finanziare. Il tutto narrato nella forma di un romanzo famigliare.

‘L’ora muta’ di Simone Cerlini, pubblicato da Alter Ego, va addosso al lettore con la potenza di una locomotiva. Al centro, Camilla, studentessa fuorisede la cui vita viene stravolta dal ritorno della madre ex tossicodipendente e dal sentimento che la lega a una sua compagna di corso. Camilla rientrerà in contatto col padre, scoprendo il ruolo che ebbe nella liquidazione di un importante maglificio di Puianello e gli intrecci tra industria e politica di Reggio Emilia. Dietro la finzione letteraria si intuiscono i volti di notabili, si viaggia tra Carpineti, la Pietra di Bismantova e Santa Croce, dominato dal grande leviatano delle Officine Reggiane. Cerlini racconta una crisi nella crisi: il crac di uno dei colossi del tessile del nostro territorio. Gli artigli della locomotiva-mostro sono ben camuffati, si traducono in una storia personale che vorrebbe riflettersi in un modello sociale a cui appartenere, destinato a franare. E il fragore è tanto più forte perché in quel modello la protagonista aveva iniziato a credere.

Camilla, di cognome Doveri, l’antipodo dei Piaceri che un’epoca di lustrini diceva di avere in serbo per noi. Si porta addosso uno stigma di inadeguatezza, Camilla, che intuisce ma non sa ancora da dove viene e il racconto la segue in una costruzione di sé che la porterà in sella al grande cavallo del Tessile, nel Far West della macchina industriale, di cui imparerà regole e colpi bassi, ma anche spietatezza, cinismo, arrivismo degli ‘eletti’. Se ne farà infettare... e il lettore ne vedrà gli esiti. Non ha personaggi per cui parteggiare, questo libro, per il quale si intuisce la dedizione, il complesso lavoro di elaborazione dei testi e sottotesti.

Romanzo e denuncia degli orrori prodotti dal capitalismo, ok, ma anche altro, un guardarsi dentro per riconoscersi testimoni della propria epoca. L’epoca del cupo disincanto. Però qualcuno, dalle cadute e dai fallimenti pagati per realizzare i sogni faraonici degli eletti, possiamo salvare. La generazione futura. Suggestionata dal trattamento - è un libro multistrato - che compare a metà lettura, mi è comparso in sogno il colonnello Nathan Jessep di ‘Codice d’Onore’, una sorta di Moira Fontanesi - donna in carriera del romanzo - o ciò che lei vorrebbe essere. "Sono abituato a fare colazione con 400 cubani sul muro, addestrati a uccidermi".

Moira incattivita dalla vita che per non soccombere se la racconta. Si racconta che le gioie che ha imparato a comprarsi a fronte di un lavoro massacrante - una virago, siamo da quelle parti - siano anche le sue. Bravo l’autore ad aver dipinto con verosimiglianza e ritmo sincopato una saga che ci riporta ai miti della nostra terra, regalandoci una sana voglia di riscatto. Unico rammarico, l’autore tocca a volo d’uccello certi accadimenti tragici come il conflitto israelo-palestinese in un personaggio chiave, ma decide di non approfondire. Forse per non sovraccaricare di intensità un romanzo che ne è saturo. Che sia il pretesto per un successivo capitolo ? Cerlini (1972) vive a Reggio e lavora a Milano come esperto di politiche del lavoro. Ha pubblicato ‘La ragazza che ballava sui cornicioni’ nel 2015 con Feltrinelli.